CITTÀ METROPOLITANA
Intervento di Riccardo Terzi presentato in occasione dell’iniziativa «Città metropolitana. Territorio, progetto, partecipazione» tenutasi presso la Camera del lavoro metropolitana di Milano – CGIL il 17 marzo 2015.
1. L’istituzione della città metropolitana può essere, a determinate condizioni, una straordinaria occasione di rilancio di una politica di sviluppo e di coesione sociale, e può rappresentare quindi una risposta efficace sia all’aggravarsi della crisi economica e sociale, sia al deterioramento delle Istituzioni pubbliche. Per questo, la Camera del lavoro di Milano assume una posizione di totale sostegno e di partecipazione attiva, nella convinzione che si può avviare finalmente un disegno organico di riforma istituzionale, aperto alla più ampia collaborazione di tutte le forze sociali.
Si tratta di un progetto assai complesso e ambizioso, e occorre affrontarlo con il massimo di determinazione e di coraggio innovativo, per evitare che il tutto si risolva in una mediocre operazione trasformistica, nella quale cambiano solo i nomi ma non la sostanza dell’azione politico-amministrativa. La nostra sarà quindi una posizione di vigilanza critica e di stimolo, per tenere alto il profilo di tutta l’operazione e per affrontare tutti i grandi nodi irrisolti dell’area metropolitana milanese, confermando l’impostazione che già era stata assunta con chiarezza nel nostro ultimo congresso.
2. La prima criticità che va affrontata riguarda l’indirizzo generale della riforma costituzionale oggi in discussione, che non sembra offrire, allo stato attuale del dibattito politico, un quadro coerente per un effettivo rilancio di un sistema forte di autonomie territoriali. Da molti anni è in atto un processo di centralizzazione delle risorse e delle competenze, scaricando sulle autonomie locali tutti i costi del risanamento economico e finanziario, e anche con una campagna politica tesa a individuare solo nei livelli decentrati i fattori di spreco, di inefficienza e di corruzione. Dopo una stagione caratterizzata da una generale ispirazione federalista, anche se spesso in forme del tutto confuse e strumentali, oggi sembra prevalere una logica del tutto opposta, nel senso di un modello istituzionale sempre più centralistico. In questa direzione vanno le ipotesi di revisione del Titolo V della Costituzione, che non si limitano a qualche ragionevole correzione, ma tendono piuttosto a ripristinare un totale potere di controllo da parte dello Stato centrale.
C’è la novità della riforma del Senato, che dovrebbe divenire il luogo delle rappresentanze territoriali. Questo potrebbe essere un fatto rilevante e positivo, dando vita a un bicameralismo differenziato e ad una dialettica costruttiva tra Stato e poteri locali, come accade nel Bundesrat tedesco. Ma restano tuttora molte incertezze sull’effettiva funzionalità del nuovo organismo, sulla sua possibilità di incidere con efficacia nella legislazione nazionale, a partire dalle politiche di bilancio. L’attenzione del dibattito politico si è tutta concentrata sul tema della elezione diretta o indiretta del Senato, ma questo è un aspetto secondario, mentre il problema centrale è quello dei poteri e delle competenze che vengono attribuite al nuovo organismo. E d’altra parte, se c’è una sola Camera politica, a cui spetta il rapporto di fiducia con il governo, è evidente che essa deve garantire una equilibrata rappresentanza delle diverse posizioni politiche. In questo senso, permangono ancora molte criticità nella legge elettorale in via di approvazione. In generale, la tendenza in atto sembra essere quella che punta solo sulla governabilità, sul rafforzamento dei poteri del governo, togliendo spazio sia ai corpi sociali intermedi sia ai poteri decentrati. Ed è in questa chiave che si sono decise operazioni di semplificazione istituzionale, dalle Province alle Camere di commercio, senza un ridisegno razionale delle competenze, ma con il solo criterio della riduzione dei costi. Ora, in questo clima generale di neocentralismo statale, le città metropolitane rischiano di non avere le condizioni politiche per un loro effettivo sviluppo, e di essere quindi costrette nello spazio angusto di una mediocre amministrazione a risorse scarse. È quindi necessario riaprire il confronto e il dibattito politico sugli assetti istituzionali e sul disegno di riforma che si intende realizzare.
3. La seconda criticità riguarda tutto il capitolo delle risorse. Abbiamo già ricordato come in tutti gli ultimi anni, con governi di diverso orientamento politico, sia stata costante una linea di attacco al sistema delle autonomie, la quale ha provocato in molti casi una vera e propria paralisi dell’azione amministrativa su scala locale. Ora, non avrebbe nessun senso l’innovazione istituzionale delle città metropolitane se si resta dentro questa logica di crescente ridimensionamento dei poteri di indirizzo e di intervento dei poteri decentrati. Se le città metropolitane sono solo una riedizione delle vecchie Province, senza una vera e sostanziale autonomia, tutta l’operazione perde di significato, e non si esce da una condizione di fragilità e di frammentazione dei sistemi di governo nel territorio.
Non si tratta solo di un problema di risorse, che pure esiste ed è rilevante, ma di una effettiva autonomia di indirizzo e di progetto, costruendo le nuove città metropolitane non come pesanti macchine burocratiche, ma come centri dinamici di programmazione di innovazione istituzionale, il che comporta anche una diversa regolazione dei rapporti con le Regioni e con la rete dei Comuni. Occorre inoltre risolvere tutto il problema del personale delle ex Province, riorganizzando le competenze e offrendo a tutti i dipendenti pubblici una nuova occasione di impegno e di valorizzazione nel nuovo quadro istituzionale, in un confronto con le Rsu e con le Organizzazioni sindacali.
Su questo capitolo ci pare importante sottolineare che: è impensabile affrontare il problema del personale partendo da un approccio numerico e percentuale. Senza analizzare le funzioni e i servizi che la Città metropolitana eredita dalla Provincia e che dovrà continuare ad assicurare che vengano erogati ai cittadini, si rischia di creare un cortocircuito istituzionale. La Regione Lombardia non ha assunto nessuna delle funzioni, anzi prevede di assegnarne di ulteriori e non intende, per le funzioni proprie che lascia alla Città metropolitana, erogare alcun contributo. Sarà quindi la Città metropolitana a dover garantire alla cittadinanza l’erogazione di servizi quali la manutenzione delle strade, il mantenimento dei centri scolastici, le tutele e garanzie di legalità per il settore ambientale e agricolo ecc. Con un taglio lineare del 30 per cento del personale non sarà possibile garantire tali funzioni, sapendo che le professionalità attualmente esistenti sono frutto di anni di formazione sul campo e sono sostituibili con immense difficoltà.
Se poi si vorrà pervicacemente continuare con la linea del taglio con criteri solo numerici andranno attivati tutti gli strumenti per garantire continuità lavorativa, mantenimento del trattamento e dei diritti e valorizzazione della professionalità, come peraltro era previsto nell’accordo con l’allora ministro Del Rio nel novembre 2013.
4. È già stato approvato dal Consiglio metropolitano lo Statuto della città metropolitana di Milano, rispettando i tempi previsti e con una larga maggioranza politica. Il nostro giudizio sullo Statuto è complessivamente positivo, soprattutto perché non è una carta generica di principi e di valori, ma c’è un approfondimento accurato delle competenze e degli obiettivi strategici, a cui corrisponde una proposta concreta di strutturazione degli organi di governo. È particolarmente importante l’indicazione di un metodo di governo aperto alla partecipazione dei diversi soggetti che agiscono nella società civile, e che dovrebbero trovare nel «forum metropolitano della società civile» una sede permanente di confronto e di concertazione.
È condivisibile l’idea di una fase transitoria, rinviando l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio metropolitano al momento in cui tutto il territorio sarà riorganizzato in «aree omogenee» superando anche l’unità amministrativa del Comune di Milano. Meno convincente è l’assoluta centralità della figura del sindaco, in assenza di un organo collegiale di governo. Sono previsti infatti solo «consiglieri delegati», per singole materie e per singoli progetti, le cui deleghe possono essere in qualsiasi momento revocate dal sindaco. E tutto ciò rischia di produrre una eccessiva centralizzazione del potere, soprattutto quando ci sarà il passaggio all’elezione diretta. E andranno meglio precisate le articolazioni democratiche sul territorio con la costituzione delle «aree omogenee».
5. Il punto centrale su cui va concentrata tutta la nostra attenzione è quello che riguarda le funzioni del nuovo organismo. La città metropolitana dovrebbe infatti avere un carattere essenzialmente «funzionale», per poter affrontare su una scala territoriale adeguata tutti i grandi nodi strategici dello sviluppo economico e dell’organizzazione del territorio. La sua necessità nasce proprio dal fatto che l’attuale assetto istituzionale appare del tutto inadeguato, sbilanciato verso la centralizzazione regionale da un lato, e verso il particolarismo municipale dall’altro.
Nello statuto tutto il problema delle competenze è delineato con sufficiente chiarezza, e soprattutto è molto netta la scelta per una politica di pianificazione, individuando nel «piano strategico» del territorio metropolitano il compito primario del nuovo organismo. A nostro giudizio, il piano strategico si dovrebbe articolare in tre grandi comparti: l’assetto urbanistico, territoriale e ambientale, le politiche per il lavoro e per lo sviluppo, la coesione sociale.
Nel campo dell’urbanistica, è necessario introdurre finalmente un criterio di assoluto rigore e coerenza, per porre fine a una pratica compromissoria e ad una prassi di deregulation che ha lasciato campo libero alle più svariate manovre speculative. Occorre cioè impedire un ulteriore consumo del territorio, e puntare sulla riqualificazione urbana, sul risanamento delle periferie, sull’equilibrio delle funzioni, sulla valorizzazione degli spazi pubblici e del verde. Nel piano territoriale un capitolo decisivo è quello che riguarda le infrastrutture e i trasporti, per dare vita a un sistema metropolitano integrato, superando gli attuali squilibri tra centro e periferie.
Per quanto riguarda il lavoro e lo sviluppo, la città metropolitana deve essere un soggetto attivo, con l’obiettivo di mettere a punto un vero e proprio «piano per il lavoro», come abbiamo proposto al congresso della Camera del lavoro di Milano, non essendo certo sufficienti le politiche di liberalizzazione decise dal governo. Assorbendo le funzioni già svolte dalla Provincia, la Città metropolitana dovrebbe potenziare tutte le funzioni di conoscenza, di integrazione e di sostegno alle attività produttive, con un particolare impegno nelle politiche attive del lavoro e della formazione, e per questo è necessaria un’azione politica, anche sperimentale, che sia aderente al particolare contesto territoriale, rifiutando l’idea di una centralizzazione nazionale degli interventi, a partire dall’ esperienza già realizzata con le Afol provinciali.
Sul terzo tema, quello della coesione sociale, non c’è nello statuto un sufficiente rilievo politico, ma esso è parte integrante di una strategia di sviluppo, e non si può affatto sottovalutare la gravissima emergenza sociale che si è determinata negli ultimi anni, con un aumento vertiginoso delle disuguaglianze, della disoccupazione, della povertà, dei fenomeni di emarginazione e di degrado sociale, e con le tensioni sempre più acute sul problema della casa. Anche in questo campo è quindi necessaria una programmazione territoriale che porti a sintesi tutti i diversi interventi, con una collaborazione tra pubblico e privato, interpretando correttamente il principio di «sussidiarietà» non come un processo di privatizzazione, ma di integrazione di tutti i soggetti, istituzionali e sociali, per valorizzarne ruolo e competenze.
6. Per realizzare questi obiettivi, è decisivo assumere un metodo di governo che sia il più possibile aperto alla partecipazione dei cittadini e delle forze sociali. Nello statuto ci sono, in questa direzione, alcune indicazioni importanti, dallo strumento dei referendum all’istituzione del «forum metropolitano della società civile», ma, come si sa, non bastano le norme statutarie, che spesso restano solo sulla carta, ma occorre far vivere concretamente tutti questi strumenti con un’azione permanente di mobilitazione civile e democratica.
Il sindacato non chiede di essere un interlocutore esclusivo o privilegiato, ma chiede di essere riconosciuto come uno dei soggetti che può concorrere, insieme ad altri, alla definizione degli obiettivi e ad una loro gestione democratica e partecipata. È quindi importante che su tutti i temi, su tutte le scelte strategiche, si costruiscano sedi aperte di confronto, anche in modo informale e sperimentale, per costruire un rapporto fecondo tra politica e società, tra istituzioni e cittadini, lavorando così per un superamento dell’attuale crisi che si è aperta nel funzionamento della nostra vita democratica.
7. L’area metropolitana di Milano ha bisogno di ridefinire la sua identità e la sua vocazione, che si è nel tempo offuscata, anche per gli effetti negativi della lunga stagione berlusconiana e leghista che ha lasciato tracce profonde nello spirito pubblico della città e nei comportamenti concreti delle persone. A noi sembra che la risorsa fondamentale su cui scommettere, il cuore per il futuro di Milano sia nella sua vocazione internazionale, nel suo essere potenzialmente il centro motore delle relazioni tra l’Italia e il resto del mondo, in una visione non solo europea ma attenta ai nuovi processi politici ed economici che si stanno dispiegando sulla scala mondiale.
L’Expo è una prima importante occasione, e noi siamo impegnati per un pieno successo di questa iniziativa. Ma occorre già da ora guardare oltre l’Expo e dare continuità a tutta la rete delle collaborazioni internazionali, sul terreno economico e su quello culturale. In questo senso, è molto importante un rapporto permanente di interscambio con le altre città metropolitane di Europa, nella convinzione che sono oggi le grandi città i luoghi dell’innovazione e dello sviluppo. In questa chiave, Milano trova una sua precisa funzione, come luogo dell’integrazione, dello scambio, della costruzione di una più larga identità europea, superando ogni forma di arroccamento localistico. Il congresso della Camera del lavoro di Milano aveva già elaborato una serie di proposte concrete per il dopo Expo, con una particolare attenzione alla ricerca, alla comunicazione, alla costruzione di spazi culturali, al rilancio della sede Rai di Milano, all’integrazione delle sedi universitarie nel territorio metropolitano. Occorre ora un confronto più serrato su questi temi con tutti i soggetti sociali, politici e istituzionali.
8. Sulla base di queste valutazioni e di questi orientamenti, la Camera del lavoro di Milano intende svolgere un ruolo attivo nella costruzione della nuova dimensione metropolitana. E ci rivolgiamo a tutte le altre forze sociali, culturali e associative, per costruire insieme una forte iniziativa progettuale della società civile, senza aspettare le occasioni istituzionali che ci saranno offerte, ma cominciando da ora a definire obiettivi comuni e condivisi per un nuovo sviluppo dell’area metropolitana milanese.
Busta: 53
Estremi cronologici: 2015, 17 marzo
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - SPI -
Pubblicazione: “Il coordinamento della contrattazione”, Quaderni di Rassegna Sindacale, n. 1, Ediesse, Roma, 2016, pp. 7-13