CONFERENZA NAZIONALE DI ORGANIZZAZIONE CGIL

Intervento di Riccardo Terzi

Il problema politico che sta davanti al movimento sindacale, in questa fase, è anzitutto quello di recuperare pienamente la propria capacità i rappresentanza sociale.

Era questo il tema, ancora tutto attuale, dell’ultimo Congresso della CGIL: l’unità del mondo del lavoro, con tutte le sue diverse e complesse articolazioni interne.

L’unità di classe non è un dato immediato, spontaneo. È anzi insidiata da processi oggettivi di differenziazione e frantumazione, da crescenti contraddizioni e da spinte corporative.

È da qui, dalla concretezza di questi processi, da un’analisi attenta della nuova composizione di classe, che occorre partire.

A poco servirebbe un generico appello all’unità dei lavoratori.

Serve, invece, studiare le condizioni specifiche e le peculiari esigenze dei diversi comparti della classe lavoratrice, aggiornare le nostre politiche rivendicative, e attrezzare i nostri strumenti di organizzazione, per essere in grado di rappresentare non solo una parte, non solo il nucleo centrale e tradizionale della classe operaia, ma tutto quell’insieme di nuove figure sociali e professionali, il cui rapporto con il sindacato appare oggi precario, incerto, e in alcune casi anche apertamente conflittuale.

Il problema esiste su diversi versanti: lavoro ad alta professionalità e lavoro precario, nuovi settori ad elevato sviluppo tecnologico, nell’industria e nel terziario, e aree di disoccupazione e sotto-occupazione.

È difficile rintracciare, in questo universo così differenziato, un baricentro, un metro di valutazione comune e unificante.

Abbiamo bisogno, piuttosto, di linee politiche e organizzative molto fluide, molto flessibili, sapendo che ci sono contraddizioni, interessi non convergenti, e che quindi la stessa identità del sindacato non può che risultare da una mediazione complessa.

Mi limiterò a trattare un aspetto, quello del nostro lavoro verso i quadri e i tecnici, verso quella particolare area di lavoratori che hanno nella vita dell’impresa responsabilità organizzative e competenze tecnico-scientifiche, che richiedono, per la loro peculiarità, una considerazione distinta, un complesso di rivendicazioni specifiche e differenziate.

Ebbene, possiamo dire di avere effettivamente compiuto, verso questa parte del mondo del lavoro, la svolta che è necessaria?

Di averla compiuta nei fatti, nei comportamenti pratici, e non solo nelle dichiarazioni di principio? In realtà, siamo solo ai primi passi, ancora incerti e contraddittori. C’è stata sì, in generale, una correzione di una politica egualitaria non più sostenibile, ma non c’è ancora, nell’insieme del nostro movimento, chiara consapevolezza politica dei pericoli profondi di rottura, di lacerazione, dell’attacco insidioso che le forze conservatrici stanno conducendo su questo terreno.

Non si vede che siamo di fronte ad un nodo politico che avrà vaste implicazioni che rischiamo un isolamento della classe operaia, un restringimento delle nostre basi sociali proprio nel momento in cui tutto il tessuto produttivo è esposto a processi rapidissimi di innovazione, e cresce di conseguenza il peso e il ruolo di nuove figure professionali.

Credo che le difficoltà siano ancora essenzialmente di ordine politico, che pesino tuttora giudizi, analisi, atteggiamenti; che non corrispondono alla fase attuale, ai processi nuovi che si stanno verificando.

E pertanto, senza una grande campagna politica, senza una lotta, senza una chiara ed esplicita discussione di massa tra i lavoratori, noi non usciremo dalle difficoltà.

Finora abbiamo solo tamponato la situazione, abbiamo ottenuto, tra i quadri, un atteggiamento di attesa e di attenzione. Ma fino a quando può durare?

Se in tempi brevi non si recupera il ritardo accumulato, se non si compie una vera e propria sterzata, la partita rischia di essere persa in modo irrimediabile.

Il movimento dei quadri, il suo sviluppo, è un fatto reale, politicamente rilevante.

Ed è un fatto che questo movimento è cresciuto sulla base di una forte conflittualità verso il sindacato unitario.

Si può certo discutere sul grado di effettiva rappresentatività delle varie associazioni dei quadri, e si possono contestare o rifiutare alcune loro posizioni.

Ma non è consentito negare il problema, fingere che esso non esista.

Al di là dei limiti entro i quali si è fin qui mosso il movimento dei quadri, di certe angustie corporative non ancora pienamente superate, esso è tuttavia il segno di una realtà oggettiva, di un cambiamento profondo che sta avvenendo nella composizione di classe.

L’introduzione, su vasta scala, delle innovazioni tecnologiche e organizzative provoca un generale rimescolamento dei ruoli, facendo definitivamente cadere, da un lato, le vecchie barriere tra lavoro operaio e lavoro impiegatizio, e facendo crescere, d’altro lato, l’esigenza di nuove capacità tecnico-professionali.

Non si tratta, quindi, di difendere vecchi privilegi ormai privi di giustificazione, vecchie gerarchie, ma di valorizzare appieno i valori nuovi di professionalità, e di legare questa scelta ad una linea di innovazione profonda nell’organizzazione del lavoro. Insomma, il tema dei quadri non è una sopravvivenza, ma riguarda il futuro, e su di esso misuriamo la nostra capacità di stare al passo con i cambiamenti.

Certo, occorre differenziare, valutare concretamente gli effettivi contenuti di professionalità, e rifiutare perciò l’idea di una sorta di identità “ideologica” dei quadri.

Professionalità e ruolo gerarchico non coincidono. Ma dobbiamo evitare semplificazioni o rappresentazioni illusorie della realtà.

Se è vero, infatti, che entrano in crisi alcune funzioni di mera trasmissione del comando, è vero però che si ripropone, in termini nuovi e più complessi, la necessità di compiti organizzativi, e quindi anche di una “gerarchia” nell’organizzazione della produzione.

I quadri sono al centro di questi processi, ne sono direttamente investiti. E non è senza importanza politica decidere quale sarà la loro collocazione nella vita delle imprese e nello scontro di classe, se essi agiranno come fattori di una restaurazione autoritaria, o invece come protagonisti di una battaglia di democratizzazione, per nuove e più avanzate relazioni industriali, per uno sviluppo del controllo democratico e dalla partecipazione di tutti i lavoratori alle scelte che riguardano l’impresa, la sua organizzazione, il suo sviluppo produttivo.

Ecco qual è la posta in gioco, e la sua importanza strategica per il sindacato.

Per questo, siamo interessati a un rapporto, a un confronto col movimento dei quadri, distinguendo all’interno di esso quanti si propongono di costituirsi come sindacato autonomo, e quanti invece riconoscono al sindacato unitario i compiti generali di rappresentanza e di contrattazione, e intendono esercitare un’azione di stimolo e tenere aperta la via del dialogo e della collaborazione, pur mantenendo la propria autonomia associativa.

È questo il caso dell’Unionquadri, e delle nuova associazione nazionale Italquadri, che nasce dall’aggregazione di numerose associazioni aziendali.

Tra il sindacato e queste associazioni non c’è incompatibilità, non c’è contrapposizione. Vi sono anche casi di doppia militanza, che non solo non sono motivo di scandalo, ma indicano una strada praticabile, possibile, che può dare dei frutti positivi.

Già nel convegno dello scorso maggio, la CGIL ha avanzato una precisa proposta politica e organizzativa, che credo debba essere pienamente confermata.

Partendo da una rappresentazione realistica della situazione, dal fatto cioè che il sindacato organizza solo una parte dei quadri e dei tecnici, e che al di fuori di esso si sono sviluppate diverse esperienze associative, riteniamo che si debbano costituire degli strumenti organizzativi a composizione mista, che possono avviare tra il sindacato e le associazioni dei quadri che siano disponibili un processo, che non può che essere graduale, di avvicinamento, di collaborazione, di elaborazione comune delle piattaforme rivendicative, senza porre, da parte di nessuno, pregiudiziali o pretese di egemonia, e mettendo l’accento, invece, sui problemi reali, sulle cose da fare, sull’opera di aggiornamento, di analisi, di elaborazione, che deve essere compiuta.

Abbiamo avanzato questa proposta nella prospettiva di un impegno unitario, e nella convinzione che non può essere la CGIL da sola, né un’altra confederazione da sola, a risolvere il problema politico del rapporto con i quadri.

A un’intesa unitaria ancora non siamo giunti, e questo è un limite serio, che obiettivamente ritarda tutto il lavoro del sindacato.

Vogliamo e dobbiamo continuare nel confronto con CISL e UIL, per verificare tutte le possibilità di convergenza e di lavoro in comune.

Agli amici della CISL, che hanno assunto una posizione che esclude qualsiasi rapporto con le associazioni dei quadri, rivolgiamo l’invito ad una riflessione più attenta e meditata.

Perché non si tratta di delegare ad altri compiti che sono nostri, non si tratta in nessun modo di accettare come un fatto compiuto una rappresentanza sindacale separata per i quadri, ma si pone invece la questione di vedere quali possono essere i processi reali, le modalità concrete di azione per assolvere al nostro ruolo nel modo più efficace.

Una politica di muro contro muro, a noi sembra, avrebbe solo l’effetto di incoraggiare e rafforzare le spinte alla separazione corporativa e di bruciare le occasioni di dialogo e di confronto costruttivo che ancora, allo stato attuale delle cose, esistono.

In ogni caso, può essere svolto seriamente un lavoro unitario per definire insieme una piattaforma sui temi del salario, della professionalità, dell’organizzazione del lavoro, dell’inquadramento, della costruzione di nuove relazioni industriali, del controllo sulle innovazioni.

C’è in generale, per il sindacato, l’esigenza di un forte rilancio della contrattazione articolata, aziendale, per non essere tagliati fuori dai processi che stanno avvenendo, per contrastare le spinte alla centralizzazione, per conquistare nuovi spazi di iniziativa, a contatto diretto con i processi produttivi e con le concrete condizioni di lavoro.

Questa esigenza generale si pone, con particolare forza, intorno alle questioni che interessano i lavoratori a più alta professionalità. Perché, in assenza di una nostra iniziativa articolata, sarà la controparte a decidere, a definire compensazioni salariali non contrattate, a sviluppare una politica verso i quadri, senza che vi sia, da parte nostra, la capacità di una proposta alternativa.

Il problema salariale non è certo il solo, ma è condizione necessaria, non eludibile, per una politica rivendicativa nella quale i quadri e i tecnici possano stare, a pieno titolo, con la specificità dei loro problemi.

Per questo, in tutta la discussione che stiamo avviando sugli strumenti della contrattazione, è questo un problema non secondario, e dobbiamo trovare vie efficaci e coerenti per bloccare le tendenze all’appiattimento.

In questo contesto, deve essere anche affrontata, in modo organico, la questione fiscale, per rimuovere gli effetti perversi del drenaggio fiscale e per riconsiderare la stessa questione della progressività delle aliquote.

Gli sforzi che possono essere fatti sul piano delle politiche contrattuali non devono infatti essere annullati e neutralizzati da meccanismi fiscali che colpiscono, in modo particolarmente gravoso, i redditi medio alti del lavoro dipendente.

Su questi temi dobbiamo lavorare, nell’immediato futuro, e vogliamo verificare con CISL e UIL la possibilità di una piattaforma unitaria.

Nella prospettiva di un rilancio della contrattazione articolata nelle imprese, diventa essenziale ridefinire il ruolo dei consigli, irrobustire la loro capacità di iniziativa politica, metterli in grado di rappresentare nel modo più ampio possibile tutto l’insieme dei lavoratori.

Per i quadri e per i tecnici, che attualmente sono sotto-rappresentati nei consigli (e vi sono, in proposito, dati inoppugnabili, che non consentono ai ignorare la questione) occorre realizzare apposite norme elettorali, definendo aree professionali specifiche, affermando cioè il principio, assai semplice e comprensibile, che sono i quadri a dover eleggere i loro delegati. E vale naturalmente anche per i quadri la regola che tutti sono elettori e tutti sono eleggibili, indipendentemente dalla loro appartenenza al sindacato.

Si sono fatte alcune esperienze positive, su questa linea, ma sono ancora episodi singoli, non generalizzati, mentre occorre che siano sancite ed applicate delle regole di valore generale.

La sperimentazione e la flessibilità delle soluzioni organizzative non possono essere un alibi per rinviare questo problema, e per legittimare nel sindacato una specie di anarchia tollerata, per cui alle scelte politiche, anche impegnative, non corrispondono fatti e comportamenti conseguenti. Tra l’altro, dove il problema e stato affrontato nel modo giusto, il sindacato è riuscito a recuperare i propri ritardi, e le posizioni corporative e anti-sindacali sono state battute e isolate.

Vale dunque per i quadri quello che vale in generale per tutti i lavoratori: quando si diffondono e si affermano posizioni di conflitto con il sindacato, quando viene meno il rapporto di fiducia, vuol dire che ci sono stati degli errori che dobbiamo correggere.

A quest’opera di correzione dobbiamo porre mano con urgenza, sul piano delle politiche rivendicative, e su quello degli strumenti di organizzazione.

I risultati dipendono da noi, dal nostro lavoro, dal nostro orientamento. Se vi sono, come è probabile che ci siano, valutazioni differenti, opinioni politiche diverse, dobbiamo allora discuterne in modo chiaro ed esplicito, per giungere, sulla base di una discussione democratica, a scelte chiare, a impegni di lavoro precisi, che siano validi per tutta l’organizzazione.


Numero progressivo: A58
Busta: 1
Estremi cronologici: s.d.
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fogli battuti a macchina
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -