CONSIGLIO GENERALE DELLA CGIL LOMBARDIA DEL 5 DICEMBRE 1990

Relazione di Riccardo Terzi

Il Comitato Direttivo Nazionale della CGIL ha fissato la data del Congresso entro la metà di luglio ‘91.

L’impegno di tutti è a rispettare questa scadenza evitando ulteriori rinvii della data del Congresso e questo comporta, come è evidente l’avvio immediato della preparazione congressuale e il rispetto rigido del calendario, indipendentemente da fattori politici esterni.

Questa decisione è giunta al termine di una lunga e complessa discussione politica nel Direttivo e nella segreteria confederale, nella quale si sono intrecciati diversi aspetti: i caratteri fondamentali e le finalità politiche del Congresso, il rapporto con la scadenza del giugno ‘91 e del negoziato sulla struttura del salario, la questione delle componenti e delle nuove regole di funzionamento dell’organizzazione, il rapporto con l’evoluzione del quadro politico fino a giungere alle questioni del governo della CGIL, con quale maggioranza, con quale struttura dell’esecutivo.

Tutti questi temi restano aperti, e non ci sono decisioni conclusive del Comitato Direttivo.

I lavori del Comitato Direttivo, nel loro complesso saranno pubblicati, e costituiscono un materiale di base che sarà fornito all’insieme delle strutture dell’organizzazione per la discussione in preparazione del Congresso.

In particolare nella relazione di Bruno Trentin, che ha aperto la prima riunione del Comitato Direttivo, c’è già uno schema sufficientemente ampio, sufficientemente elaborato, intorno ai principali temi che il congresso dovrà affrontare.

Il calendario che si prevede è il seguente:

-convocazione immediata delle quattro Commissioni di lavoro che già erano state nominate a luglio dal Consiglio Generale, sul programma, sulle tesi congressuali, sullo statuto e sulle regole per la selezione dei gruppi dirigenti.

A febbraio approvazione dei documenti congressuali varati da queste 4 commissioni in una riunione del Consiglio Generale, con la possibilità di eventuali ipotesi alternative che dovessero esprimersi all’interno del gruppo dirigente.

Svolgimento dei congressi sui documenti nazionali, e solo sui documenti nazionali, così da avere in tutte le strutture territoriali e di categoria, un confronto politico omogeneo non appesantito da altri documenti congressuali.

Congresso nazionale a metà luglio, probabilmente a Milano.

Prima del Congresso, la proposta della CGIL è di avere alcuni appuntamenti unitari, anche introducendo un metodo di confronto aperto, di tipo seminariale, con CISL e UIL.

In particolare ci sembra urgente un confronto sulle questioni delle rappresentanze, e sui problemi della struttura della contrattazione, anche in vista del negoziato di giugno.

Infine, un’Assemblea nazionale della CGIL, con modalità da definire, prima dell’apertura della trattativa sulla struttura del salario per definire la piattaforma con cui andiamo al confronto con le nostre controparti. Questa assemblea si dovrà, tenere, per restare nei tempi politici, all’incirca alla metà di maggio.

Un primo problema su cui dobbiamo soffermarci è proprio questo, del rapporto tra il Congresso di luglio e la trattativa sulla struttura del salario.

Il rapporto tra questi due momenti è stato oggetto di un’attenta discussione nel direttivo anche con valutazioni differenti, e in effetti il problema si presenta abbastanza complicato. Anzitutto è ancora assai problematico il contesto nel quale il negoziato potrà essere aperto e resta pregiudiziale per noi la conclusione della stagione contrattuale, a partire dal contratto dei metalmeccanici.

Alcuni compagni hanno sostenuto la necessità di tenere il congresso prima dell’avvio del negoziato, entro maggio, questo per il rilievo che quel negoziato ha, per l’importanza strategica che hanno i temi che saranno discussi in quella sede e quindi per la necessità di un pieno coinvolgimento degli iscritti dell’organizzazione e di un mandato chiaro al gruppo dirigente.

A questa esigenza si oppone in primo luogo una considerazione di carattere pratico, una considerazione tecnica dei tempi necessari, che non ci consente di pensare ad un congresso prima della scadenza di luglio.

Inoltre si è ritenuto preferibile un percorso autonomo, un momento specifico, un’apposita assemblea ad hoc, in vista del negoziato per definirne la piattaforma, tale comunque da garantire il massimo di partecipazione e di trasparenza democratica, evitando anche in questo modo il rischio di un dibattito congressuale tutto concentrato su questo unico tema.

Vi è poi, come è evidente, un’esigenza politica di raccordo con CISL e UIL e da questo punto di vista occorre evitare l’eccessiva rigidità che potrebbe venire da deliberati congressuali della CGIL.

La decisione, quindi, è quella di un percorso distinto, parallelo, con una discussione che sarà ovviamente, per molti aspetti, intrecciata.

Non pensiamo di togliere dal calendario dei congressi i temi che affronteremo anche nella trattativa.

Ci sarà una gestione non del tutto semplice di questi due momenti: il congresso e l’assemblea nazionale della CGIL in vista del negoziato.

D’altra parte, il Congresso Nazionale previsto a luglio è probabile che si svolga con la trattativa ancora in corso.

Nel merito delle questioni della trattativa non ci sono ancora ipotesi definite e allo stato attuale l’unico punto di riferimento da prendere in considerazione è la soluzione adottata nel contratto dei chimici, per quanto riguarda alcuni meccanismi della dinamica salariale. Quindi c’è ancora molto lavoro da fare, per una piattaforma che dovrà essere complessiva per affrontare i problemi della struttura del salario, il suo rapporto con la politica fiscale, i problemi della struttura della contrattazione.

Pensiamo necessario un confronto non soltanto con la Confindustria, ma con tutte le controparti, evitando di assegnare alla Confindustria una rappresentanza di tutto il mondo imprenditoriale.

La CGIL della Lombardia ha già avviato un lavoro di ricognizione, anche con l’apporto di competenze esterne, i cui risultati intendiamo, appena possibile, portare alla valutazione degli organismi dirigenti.

Un secondo nodo è stato quello relativo al regime interno e alla questione delle componenti. È stato questo il tema più sofferto, nel quale vi sono state difficoltà e tensioni col gruppo dirigente nazionale.

La decisione unilaterale della componente comunista della CGIL di procedere al proprio scioglimento, nel convegno che si era tenuto ad Ariccia, ha aperto interrogativi politici ed ha dato luogo ad un’ampia discussione sia interna che esterna all’organizzazione.

Se la decisione è stata unilaterale, e nessuno mi pare contesta la legittimità di questo atto, le conseguenze di questa decisione riguardano tutti, riguardano l’insieme dell’organizzazione e quindi nessuno può sottrarsi ad un confronto, perché sono in questione le regole della democrazia interna e le condizioni dell’unità della CGIL.

C’è ora una situazione disomogenea, perché c’è una componente che si è autosciolta, e non ci sono state decisioni dello stesso tipo da parte di altri settori dell’organizzazione. C’è in particolare una posizione diversa della componente socialista, posizione diversa da quella decisa dalla componente comunista.

Si tratta di concordare, pur nella diversità delle posizioni attuali, un percorso comune per una gestione unitaria della CGIL.

Mi pare che dal Direttivo Nazionale esca non già una soluzione, una risposta definita a tutti i problemi, ma certamente una disponibilità reciproca al confronto e all’intesa.

Vedo almeno superata la fase del sospetto, gli elementi di incomprensione e di polemica.

Lo scioglimento della componente comunista si motiva nel quadro di un progetto di autonomia del sindacato.

Questa a me pare la motivazione di fondo per dare piena attuazione all’obiettivo di dare vita ad un sindacato che sia autonomo soggetto politico, per allentare la rigidità dei collegamenti di partito, anche come contributo e come condizione per riaprire la prospettiva unitaria con le altre confederazioni.

Da questo punto di vista sono importanti le dichiarazioni di apprezzamento che sono venute sia dalla CISL che dalla UIL.

Non si tratta quindi di un adeguamento alla nuova situazione interna del PCI, o del futuro PDS, anche se un’influenza del quadro politico c’è sempre, c’è sempre un’interrelazione tra la situazione politica e il dibattito sindacale; ma il punto di partenza, ripeto, è una scelta di autonomia della CGIL.

Le scelte politiche, le diverse alternative politiche che sono aperte nel dibattito interno al PCI, riguardano soltanto i singoli militanti della CGIL, quelli che ovviamente sono iscritti a questo partito nella loro autonoma responsabilità, e la componente non si scioglie certo per dare luogo a sotto-componenti riferite alle diverse posizioni presenti nel PCI.

È questo per me un punto essenziale e di principio, il che significa che non sono tollerabili né discriminazioni politiche né aree protette, che la valutazione della CGIL deve corrispondere esclusivamente a criteri di carattere sindacale.

Mi pare che i compagni della componente socialista non rifiutano il confronto su questo terreno, una ricerca in avanti verso nuove regole rispetto a quelle con le quali ci siamo governati nel passato.

D’altra parte lo stesso segretario generale aggiunto Ottaviano Del Turco aveva ipotizzato un congresso di svolta della CGIL con il superamento delle componenti storiche e con la formazione di una nuova grande maggioranza riformista.

I compagni socialisti, così come altri compagni iscritti alla CGIL – con le più diverse collocazioni politiche – chiedono chiarezza sulle linee di marcia che intendiamo seguire, se ha valore ancora e come si esplica un patto unitario dentro l’organizzazione.

Mi pare questa una richiesta legittima a cui dobbiamo rispondere positivamente.

Ripeto qui quanto ho avuto modo di dire anche al Convegno di Ariccia, che in questa nuova situazione dobbiamo essere non meno ma più unitari, perché pensiamo l’autonomia della CGIL come condizione per una più larga unità sindacale e perché tutta la situazione della sinistra è in movimento e sono ormai logore le vecchie identità e le vecchie distinzioni di tipo ideologico.

C’è un problema di regole, che dovremo definire in vista del Congresso, il criterio ispiratore fondamentale è la difesa del pluralismo sociale e del pluralismo politico nella CGIL.

Sono questi due aspetti distinti, talora anche divergenti o confliggenti tra di loro, ma entrambi essenziali e dovranno essere quindi fra di loro ben equilibrati.

Pensiamo ad una democrazia complessa: mentre è fuori discussione il principio democratico di maggioranza nel funzionamento degli organismi dirigenti, il problema è come costruiamo dei percorsi adeguati per la formazione dei gruppi dirigenti, in modo da garantire la più ampia rappresentatività sia dal punto di vista politico-culturale, sia per quanto riguarda la rappresentanza sociale.

A questo punto ci sono ipotesi aperte, ci sono alcuni primi ragionamenti, per una diversa struttura del gruppo dirigente nazionale.

Si parla, per esempio, del superamento del Consiglio generale nazionale, che effettivamente non ha avuto una grande funzione, e della sostituzione di esso con un’Assemblea nazionale da tenersi annualmente.

Vi è inoltre l’ipotesi di una composizione dell’organismo dirigente con procedura mista, cioè in parte elettivo e in parte per rappresentanze di struttura, e si pone poi il problema di determinare la possibilità di far pesare di più nella scelta dei gruppi dirigenti le strutture di base, semplificando i vari passaggi burocratici dalla base al vertice.

Di tutto ciò discuteremo, non ci sono decisioni o orientamenti definiti, discuteremo per definire meglio il sistema di regole e la forma organizzativa che deve assumere una CGIL riformata.

Ma in questa fase, in attesa che definiamo meglio e che confrontiamo insieme questa nuova architettura dell’organizzazione, non c’è e non ci deve essere nessun vuoto di direzione.

La regola fondamentale in questa fase è l’attribuzione di tutte le responsabilità agli organi statutari della CGIL. Per quanto ci riguarda, sui problemi aperti, di assetto dei gruppi dirigenti di inquadramento, di conduzione politica, la segreteria regionale nella sua collegialità si assume tutte le responsabilità di direzione.

Ma in primo piano, prima ancora di risolvere la questione delle regole c’è un problema di linea e di volontà politica. Il patto unitario che non può essere concepito come nel passato, come un patto tra le componenti, deve tradursi nella formazione di una salda maggioranza di governo.

Non pensiamo quindi né a una situazione di precarietà, di incertezza permanente, né a quella sorta di trasformismo unanimistico per cui tutti sono d’accordo e tutte le diverse e opposte interpretazioni sono legittimate, perché questo deresponsabilizza i gruppi dirigenti.

Occorre un’autorevole maggioranza politica che si formi intorno ad un programma, ad un complesso di scelte strategiche, che scommetta su un progetto, che si impegna a realizzarlo con una distinzione chiara, se necessario, tra maggioranza e minoranza.

Il che non significa necessariamente affermare il principio degli esecutivi omogenei, ma significa in ogni caso una non equivoca accettazione, da parte di tutti, del principio di maggioranza e un atteggiamento di responsabilità.

Questo non può che essere il risultato di un confronto sui temi di politica sindacale e di strategia, non una scelta aprioristica dovuta a logiche di schieramento partitico o a pregiudiziali ideologiche.

Per quanto riguarda il carattere e i compiti del Congresso, esso si articola sostanzialmente su tre grandi filoni:

-il programma come insieme di opzioni strategiche fondamentali di lungo periodo;

-le tesi, cioè le scelte più rilevanti da compiere nella situazione attuale;

-lo statuto, una riscrittura dello statuto che dia visibilità ai nuovi caratteri del sindacato, come sindacato dei diritti, democratico e pluralista.

Io non posso che rinviare all’insieme dei documenti del C.D, e in particolare alla relazione di Trentin.

Mi limito ad indicare alcune scelte, alcune opzioni prioritarie che come CGIL regionale consideriamo di particolare rilievo, alcuni temi sui quali ci proponiamo di svolgere una nostra iniziativa e una nostra elaborazione, selezionando molto, non affrontando moltissime questioni pur di grande rilevanza. Sono cinque punti che illustro molto schematicamente:

 

1) Il tema dell’Europa, come nuova ed essenziale dimensione della politica sindacale, come nuovo modo d’essere del sindacato

Quindi non si tratta della politica estera, delle relazioni esterne, tra noi e altre organizzazioni con le quali abbiamo rapporti di amicizia e collaborazione. Si tratta di un dato strutturale del sindacato, che occorre costruire, che oggi non c’è.

Qui c’è un grande salto da realizzare, negli strumenti di conoscenza, di informazione, nelle politiche rivendicative, nella struttura organizzativa del sindacato. Si pone il problema del sindacato europeo, della riforma della CES, e in questo contesto va anche ridefinito l’insieme delle nostre relazioni internazionali, con l’adesione che ormai viene considerata matura alla CISL internazionale, ferma restando la difesa più rigorosa della nostra autonomia, esaminando tutto il tema dei nuovi rapporti sindacali con la realtà dell’Est europeo dove sono in corso profondissimi processi di cambiamento politico-sociale.

 

2) L’impresa

Non si tratta soltanto di valutare le esperienze contrattuali e di portarle, se riusciamo, ad un punto più avanzato. Si tratta di affrontare a nostro giudizio un nodo politico: quale proposta siamo in grado di esprimere per una riforma democratica dell’impresa, come riusciamo a mettere con i piedi per terra il tema della democrazia industriale che ricorre spesso come una litania nei nostri discorsi, ma che però nessuno sa esattamente cosa significhi, con quali strumenti, con quali procedure intendiamo dare risposte a queste questioni.

Si tratta quindi di indicare nuove regole, nuovi istituti di partecipazione dei lavoratori e più in generale di realizzare un nuovo orizzonte culturale per il sindacato, per un sindacato che voglia svolgere una funzione non solo rivendicativa, ma come soggetto che nella sua autonomia concorre alle decisioni dell’impresa e quindi assume come propri i temi del funzionamento dell’impresa, della sua gestione e della sua efficienza.

Mi pare che questo sia essenziale anche per affrontare in termini non solo difensivi il nuovo ciclo di ristrutturazione industriale che già è aperto, e che sta determinando nuovi grandi problemi e situazioni pesanti di crisi in molti settori.

 

3) La crisi dello Stato e la riforma istituzionale

Questo a me pare il tema centrale nella vita politica oggi e nel prossimo futuro, nel dibattito fra i partiti, nel dibattito politico generale.

Nel Paese è in gioco questo punto; come si passa dalla prima alla seconda repubblica, per usare uno slogan un po’ semplicistico, con quali regole, con quali valori questo passaggio viene compiuto e che tipo di ordinamento politico, che tipo di riforma dello Stato riusciamo a costruire, che tipo di rapporto tra stato e società civile.

Il sindacato non solo non può essere assente da questo dibattito, ma è parte in causa, è esso stesso un capitolo della discussione, perché è esso stesso una importante ed essenziale istituzione democratica.

Come CGIL della Lombardia abbiamo cominciato a discutere di questi temi, ne abbiamo parlato nell’ Assemblea sul regionalismo, stiamo lavorando per quanto riguarda i problemi relativi alla riforma degli Enti Locali e alla nuova area metropolitana, e abbiamo una discussione aperta e un progetto di ricerca che stiamo completando sulla questione del localismo e del leghismo, questione questa che ci ripropone alcuni nodi politici essenziali.

Per questo possiamo pensare ad una nostra iniziativa su questo complesso di temi da collocare prima dell’avvio del lavoro del congresso tra gennaio e febbraio.

 

4) L’unità sindacale

A nostro giudizio è necessaria una scelta esplicita in questa direzione. Ci possono essere due diversi modi di approcciare al problema, quello di considerare l’unità sindacale come uno scenario del futuro, sempre aperto, sempre auspicabile, ma non di immediata attualità, oppure quello di scegliere oggi, non dico di puntare tutte le carte, perché una qualche carta di scorta è sempre meglio tenerla, ma di scommettere seriamente su una ripresa effettiva del processo unitario.

Non si tratta quindi soltanto della conferma di un orizzonte, di una prospettiva, ma di cogliere la dinamica nuova dei processi politici, e la possibilità di rimettere in moto un processo di unità sindacale.

Si tratta allora di vedere meglio, quali sono i passaggi, le proposte politiche anche parziali che in questa direzione possono essere costruite. Potremo cominciare ad esplorare con CISL e UIL una serie di ipotesi, la possibilità di fare insieme alcune cose, di unificare alcune strutture, alcuni servizi cominciando comunque ad avviare una riflessione seria in questa direzione.

 

5) L’ultimo punto, molto connesso con quello precedente, riguarda la democrazia sindacale

Molto connesso perché è evidente che uno dei punti-chiave per un’intesa unitaria è quello di risolvere insieme e in modo soddisfacente il tema della democrazia sindacale, a partire dalla questione della rappresentanza nei luoghi di lavoro.

La CGIL si sta orientando verso l’idea di una struttura di rappresentanza a livello di base che sia basata su procedure democratiche con criteri di proporzionalità e definendo quali sono i poteri di contrattazione che a questo organismo vengono affidati, rifiutando la logica del doppio binario che porterebbe ad organismi democraticamente eletti anche nel modo più limpido, ma del tutto impotenti.

E riteniamo anche utile a questo fine un sostegno di carattere legislativo. Questo è un punto-chiave nel rapporto unitario con CISL e UIL ed è un punto chiave ai fini della definizione di una nostra linea politica.

In questo capitolo della democrazia stanno anche i temi interni dell’organizzazione, i temi a cui accennavo all’inizio delle regole e della riforma della CGIL, del modello di sindacato che vogliamo costruire.

 

Per concludere: come lavoriamo.

Noi pensiamo di affidare un mandato all’esecutivo regionale per esaminare meglio il problema delle modalità di lavoro, per decidere in quella sede se e come costituire dei gruppi di lavoro sui temi che ho detto, e sui temi di carattere nazionale. Abbiamo la fortuna di avere una presenza, come Lombardia, in ciascuna delle 4 commissioni nazionali, per cui abbiamo un raccordo possibile con le commissioni e possiamo, anche in rapporto al lavoro che a livello nazionale si svolgerà, decidere come costruiamo momenti nostri sui temi che riteniamo di affrontare.

Infine alcune considerazioni mi sembrano d’obbligo su alcuni temi più attuali i quali pure sono stati oggetto di una prima discussione nel Direttivo. Tra l’altro il Direttivo è riconvocato per valutare gli sviluppi di una situazione sindacale molto complessa, con particolare riferimento alla trattativa con la Federmeccanica.

Per quanto riguarda il contratto dei metalmeccanici, di ora in ora ci sono cambiamenti di scenario, e le ultime notizie sono quelle che i compagni hanno potuto leggere sui giornali stamattina, sulla rottura provocata dalla Federmeccanica. Per quello che ci riguarda, noi abbiamo lavorato per costruire una risposta unitaria delle tre organizzazioni di categoria, alla proposta di mediazione avanzata dal Ministro.

I punti sono quelli noti: la questione della contrattazione articolata, della riduzione di orario, il no allo scambio tra riduzione di orario e manovra di flessibilità sugli straordinari, la questione degli scatti, la questione dei tempi di scadenza del contratto e alcuni aspetti relativi ai diritti.

Su questa linea c’è un pronunciamento unitario di FIM, FIOM, UILM della Lombardia e c’è un movimento che ha retto, che ha dimostrato anche in questi giorni una capacità di iniziative e di risposta.

Si tratta quindi di continuare il confronto per arrivare ad una soluzione accettabile.

Però, in queste ore e in questi giorni, avremo un quadro più preciso. È importante che proprio in queste ore, in questi giorni, i compagni di tutte le strutture restino in contatto con l’organizzazione della FIOM, in modo da svolgere al massimo possibile il nostro ruolo di sostegno, ferma restando l’autonomia della FIOM circa le decisioni da adottare sulle conclusioni della vertenza contrattuale. Inoltre i problemi legati al nuovo processo di ristrutturazione industriale.

Io non affronto il problema, e propongo di rinviarlo ad un approfondimento specifico che dovremo fare al più presto. Il quadro è molto complicato, siamo entrati davvero in una nuova fase di ristrutturazione dell’apparato industriale che riguarda numerosi settori, e la questione essenziale, ma non si tratta solo di questo, e qui la questione essenziale per noi è se riusciamo a definire nuovi strumenti di politica industriale e di governo del mercato del lavoro, se riusciamo a non giocare solo di rimessa, in difensiva, subendo decisioni che non riusciamo in nessun modo a controllare e quindi limitandoci a gestire gli ammortizzatori sociali, se non riusciamo quindi a ricostruire una linea complessiva del sindacato capace di affrontare i problemi della vita economica e dello sviluppo industriale del Paese.

Sulle questioni legate al confronto con il Governo sulla finanziaria, è prevista una riunione nazionale il 17/12. Il bilancio, come è noto a tutti, è un bilancio negativo. Noi non siamo riusciti sostanzialmente ad influire sulle decisioni del governo, a fare del confronto sui punti della finanziaria un’occasione vera di iniziativa e di mobilitazione dei lavoratori. Dovremo quindi valutare in quella sede i limiti, gli errori e le difficoltà che abbiamo incontrato e vedere come rilanciamo, al di là della scadenza della legge finanziaria, alcuni fondamentali temi di riforma che non sono decaduti dal momento in cui la finanziaria viene approvata dal Parlamento, a partire anzitutto dal tema del fisco.

Noi abbiamo fatto una proposta a livello regionale a CISL e UIL per un’iniziativa unitaria forte sul fisco e siamo in attesa di avere delle risposte.

Questo ci sembra essere il tema centrale, da riprendere insieme ad altri essenziali temi di riforma, in difesa dello stato sociale e dovremo vedere come riusciamo ad incalzare il governo non soltanto sul classico tema dei tagli alla spesa pubblica, ma sulle questioni più generali di politica economica e di politica industriale.

Su tutti questi temi che riguardano il nostro approccio ai nuovi processi di ristrutturazione industriale e il rilancio dell’iniziativa sindacale sui problemi del confronto con il governo, propongo, per non appesantire troppo questa già lunga relazione, di rinviare ad approfondimenti successivi.

Bozza non corretta



Numero progressivo: A23
Busta: 1
Estremi cronologici: 1990, 5 dicembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Nota settimanale della CGIL Lombardia”, n. 30, 11 dicembre 1990, pp. 1-5