DEMOCRAZIA A COLPI DI POLITICA

di Riccardo Terzi

Al centro del congresso della CGIL sta il terna della crisi del sindacato. È molto importante che questa questione non sia elusa, ma sia esplicitamente riconosciuta e affrontata: solo così si possono individuare le vie possibili di un superamento della crisi e di una riconquista del ruolo di rappresentanza sociale e di contrattazione che è proprio del sindacato. Il merito delle tesi congressuali sta essenzialmente in questo approccio critico, e nello sforzo di analisi dei cambiamenti sociali che sono intervenuti e delle conseguenze che essi hanno provocato sull’organizzazione e sull’attività sindacale.

D’altra parte, la “questione sindacale” ha un evidente rilievo politico, ed è bene quindi che la discussione si allarghi, che tutte le forze della sinistra si misurino con i problemi che noi abbiamo di fronte. La polemica che si è aperta a proposito della discussione nel Comitato centrale del Pci mi pare del tutto fuori luogo. Proprio perché sul sindacato si è scatenata un’offensiva che punta a liquidarne il ruolo di contrattazione e a restaurare un potere unilaterale e discrezionale nelle imprese, diviene oggi essenziale un impegno di tutta la sinistra, un’azione convergente che ponga in primo piano il problema della democrazia economica, della redistribuzione democratica del potere nell’insieme della società.

In questo contesto si pone anche il problema della democrazia nel sindacato. È una questione reale, nel sindacato come in tutte le grandi organizzazioni di massa. Tendenze burocratiche, oligarchiche centralizzatrici tendono sempre a riprodursi, e richiedono, per essere contrastate, una permanente vigilanza democratica. Ma, se vogliamo evitare di affrontare questo nodo politico in termini solo soggettivi, di scadere nella predicazione astratta o nell’agitazione demagogica, dobbiamo ricondurlo alle scelte di strategia politica.

La carenza di democrazia sindacale è l’effetto di linee politiche che hanno puntato sul negoziato politico, sulla centralizzazione dei modelli contrattuali, sullo scambio neo-corporativo. È chiara, nelle tesi della CGIL, una scelta di segno opposto, la scelta cioè di riconquistare un potere reale di contrattazione e di spostare i rapporti di forza a partire dal processi oggettivi di ristrutturazione e di innovazione, e dai bisogni reali dei lavoratori che in questi processi sono coinvolti.

La democrazia sindacale non può che essere legata ad un indirizzo politico, ad una scelta che ponga in primo piano il tema della democratizzazione dell’impresa, del controllo dei lavoratori sulle scelte strategiche, della conquista di nuove relazioni industriali che siano tali da sviluppare la partecipazione e la responsabilizzazione del lavoratori. Se non si spostano í rapporti sociali di potere, l’ambizione del sindacato ad essere “soggetto politico” diviene una pretesa vana, e il negoziato politico non può che avvenire in perdita, non può che essere una presa d’atto e una sanzione di un equilibrio che si è spostato a svantaggio dei movimento dei lavoratori.

Ora, c’è per il sindacato una crisi di rappresentanza che è dovuta ai cambiamenti profondi che sono avvenuti nella composizione di classe, al fatto che i tradizionali punti di forza, nella grande industria e nella classe operaia addetta alle produzioni di massa, sono stati sconvolti dal processi di ristrutturazione. In questo senso c’è una crisi del “sindacato industriale”, e c’è l’esigenza di superare il modello di sindacato che si era costruito intorno alla “centralità operaia”.

Per questo, abbiamo bisogno di un congresso di ricerca, di sperimentazione, di un congresso che cerchi di aprire nuove vie all’iniziativa sindacale.

Il pericolo maggiore è l’inerzia, è il conservatorismo burocratico, è l’attaccamento ai miti di un passato che sta scomparendo.


Numero progressivo: B62
Busta: 2
Estremi cronologici: 1986, 3 gennaio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “L’Unità”, 3 gennaio 1986