IMMIGRAZIONE E DIRITTI DI CITTADINANZA

Atti del convegno SPI CGIL del 10 dicembre 2010

Prefazione di Susanna Camusso
Presentazione di Ernesto Cadenelli
Interventi
Franco Valenti
Damiano Galletti
Don Fabio Corazzina
Ferial Zenati
Jamila Jafrani
Clemente Elia
Anna Bonanomi
Valerio Onida
Riccardo Terzi

Intervento di Riccardo Terzi – Segretario SPI CGIL nazionale

Innanzitutto mi congratulo con lo SPI di Brescia per questa importante iniziativa, importante per il tema che affronta, con una partecipazione numerosa e attenta, e con una serie di testimonianze e di interventi che hanno messo molto bene a fuoco tutta la complessità dell’argomento. Come molti hanno detto, noi siamo di fronte ad un fenomeno, quello dell’immigrazione, che rappresenta un grande movimento storico, che ha ragioni profonde, cause strutturali, cause economiche, sociali, e che fa parte della realtà del nostro tempo: non riguarda soltanto l’Italia, riguarda tutti i grandi paesi dell’Occidente.

È un movimento di grande portata, che incide profondamente sulla realtà sociale nella quale ci troviamo.

Guardiamo i dati che riguardano la realtà di Brescia: sono dati impressionanti per la dimensione del fenomeno, Non si tratta di una presenza marginale. La presenza di stranieri, di immigrati, ha cambiato il volto delle nostre città, ha cambiato la composizione sociale, e nel prossimo futuro questa presenza sarà sempre più fondamentale, e questo fenomeno riguarda l’insieme della realtà italiana, anche se con proporzioni diverse.

Ora, di fronte ad un fenomeno che ha questa ampiezza, questa forza, non c’è alternativa ad una politica di integrazione, se vogliamo salvaguardare il tessuto civile del nostro paese. Quindi, abbiamo tutto l’interesse e la necessità di affrontare il problema dell’immigrazione con una politica di inclusione sociale, che assicuri integrazione, che assicuri diritti, che assicuri la convivenza pacifica tra tutti i diversi componenti della nostra comunità.

Ed è sotto questo profilo dell’integrazione che le politiche fin qui adottate si sono dimostrate fallimentari: hanno lavorato nella direzione opposta.

Quando diciamo integrazione, dobbiamo capire che cosa vuoi dire. Integrazione è una parola un po’ ambigua, come tutte le parole. Non significa assimilare i lavoratori che vengono da altri paesi in modo forzato alla nostra cultura, vuoi dire riconoscere le diversità: riconoscere che noi già siamo una società multietnica, multiculturale. Onida parlava del diritto di culto: ci sono diversi culti, c’è una presenza del culto islamico che sta diventando molto rilevante in alcune parti del paese, e il diritto di culto va riconosciuto senza limiti. Già siamo una società multiculturale, multireligiosa, multietnica, l’importante è che queste diversità riescano fra loro a comunicare. Non ci deve essere separazione, ci deve essere il dialogo, la ricerca di valori comuni, una capacità reciproca di riconoscimento, di ascolto e di rispetto della dignità delle persone. E quindi riconoscimento per tutti degli stessi diritti e degli stessi doveri, perché tutti concorrono a formare una comunità.

Sono concetti che dovrebbero essere abbastanza ovvi, e che stanno alla base della nostra Costituzione. Il principio fondamentale, che tiene assieme tutti gli aspetti della Costituzione, è il principio dell’eguaglianza, su cui si fonda la comune cittadinanza di tutti i membri della comunità. Non è soltanto l’eguaglianza giuridica davanti alla legge, ma la Repubblica è impegnata a rimuovere gli ostacoli di carattere economico e sociale, a contrastare tutto ciò che produce disuguaglianza.

Ora, questo principio di eguaglianza è messo alla prova dal fenomeno dell’immigrazione. Se noi non pratichiamo una politica di inclusione, di solidarietà, di accoglienza, ci avviamo ad essere una società in cui non esiste più una eguaglianza sostanziale, non esistono diritti universali, ma esistono i privilegi di casta. E in molti casi si è tentato, in molti comuni del Nord, su iniziativa delle amministrazione leghiste, di introdurre norme discriminatorie, delibere illegittime che introducono una differenza di principio tra i residenti italiani ed i residenti che appartengono ad altre nazionalità, tutte norme in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione. La CGIL ha il merito di avere contrastato con forza, e spesso con successo, queste iniziative. Valerio Onida ci ha fatto un quadro molto preciso e molto convincente di quella che purtroppo è la realtà della politica migratoria in Italia e della legislazione italiana, che è una vera e propria legislazione persecutoria nei confronti degli stranieri.

È una politica che deve essere rovesciata e apertamente contrastata, e la CGIL di Brescia è sempre stata in prima linea in questa battaglia. Qui siamo nel cuore del Nord, dove dobbiamo misurarci con una cultura politica – chiamiamola così -, che tende ad affermare una identità chiusa del territorio, che deve essere difesa da tutto ciò che è esterno, percepito come un nemico che attenta alle nostre libertà. L’identità del territorio, secondo la Lega, è la difesa delle nostre radici che vengono messe in crisi dal processo migratorio, per cui l’immigrato diventa automaticamente il nemico, la persona da tenere lontana. E questo ha effetti drammatici.

Mi ha molto colpito l’intervento e la testimonianza di Adro, del bambino marocchino che non viene accolto, che non viene riconosciuto neanche dagli altri bambini, che quindi vive una situazione di sofferenza e di disagio personale. Gli effetti di questa politica xenofoba, di questa chiusura, rischiano di essere effetti drammatici sul futuro delle giovani generazioni.

E quindi c’è bisogno di una battaglia a viso aperto. Non possiamo correre dietro alla Lega o pensare soltanto che si tratta di non esagerare, di avere una posizione un po’ più prudente. No, bisogna andare apertamente contro una linea politica che porta il nostro paese su una strada del tutto sbagliata e pericolosa. Senza una politica di integrazione, avremmo una rottura drammatica nella vita delle nostre comunità e tutto il tema della sicurezza, che viene agitato strumentalmente, verrebbe reso ancora più complicato, più difficile.

Si dà sicurezza risolvendo i problemi, dando una risposta ai problemi sociali che vengono dal fenomeno dell’immigrazione. Se invece, con una legislazione persecutoria, gli immigrati sono tenuti ai margini della vita sociale, è l’intera comunità che viene resa più vulnerabile rispetto alla rete dell’illegalità o della criminalità organizzata.

È molto importante la questione dei diritti politici, almeno a livello amministrativo. Per il diritto di voto anche politico forse sono necessarie delle modifiche costituzionali, il processo è quindi un po’ più complicato. Io credo però che dovremmo arrivare lì, perché è davvero un caso di strabismo inaccettabile il fatto che noi ci preoccupiamo di dare diritto di voto a italiani che hanno con l’Italia un rapporto puramente sentimentale, perché ormai da anni vivono in America Latina o in Australia, e non hanno nessun rapporto concreto con questo paese mentre sono esclusi quelli che ci vivono quotidianamente, che lavorano qui, che subiscono gli effetti delle scelte politiche che vengono compiute. Insomma. davvero è in gioco la qualità della democrazia, la coerenza di un sistema democratico. Se c’è un sistema che taglia fuori gran parte della popolazione che normalmente qui vive e lavora, questo è un nodo che deve essere superato.

Lo stesso criterio vale per la cittadinanza. Chi nasce in Italia, quale che sia l’origine della famiglia, deve essere automaticamente riconosciuto come cittadino italiano.

Dobbiamo quindi dare battaglia politica contro una linea, quella praticata dalla Lega, che produce intolleranza e rottura della coesione sociale. La Lega, che si presenta come una forza che vuole riformare lo Stato, in realtà si propone soltanto di occupare lo Stato, di occupare posizioni di potere, di mettere i suoi simboli, come nella scuola di Adro. Non è una politica di riforma, come dimostra anche tutta la retorica sul federalismo, mentre nella realtà con i governi di centro-destra è aumentato il centralismo statale e si sono tagliate tutte le risorse per gli enti locali.

Per quanto riguarda la CGIL, noi siamo già una forza di integrazione. Abbiamo una percentuale altissima di stranieri iscritti alla CGIL, di delegati nei luoghi di lavoro. Dobbiamo di più valorizzare e rendere visibile questa presenza. e impegnarci perché questi lavoratori assumano sempre più funzioni di direzione nelle varie strutture della CGIL. Questo vale in particolare per le categorie dei lavoratori attivi, vale meno per i pensionati perché in questa fascia di età la presenza di immigrati è ancora molto limitata.

Però, nonostante questo, è molto importante che anche lo SPI si misuri con questo problema. Non viviamo in un altro mondo, viviamo in questa società, che ha queste caratteristiche. Viviamo dentro lo scontro politico e culturale che si è detto. È importante che le persone anziane, i pensionati, abbiano un orientamento giusto, democratico, aperto, e che non siano strumentalizzate le loro paure e le loro incertezze dalle forze politiche di destra. Gli anziani nella comunità sono sempre un elemento di mediazione, di equilibrio, e quindi è decisivo il loro orientamento, per una convivenza più solidale e più giusta.

Io ho qui visto una presenza attenta e significativa, un impegno forte dello SPI, e credo che dovremo continuare a impegnarci in questa direzione.


Numero progressivo: V56
Busta: 65
Estremi cronologici: 2010, 10 dicembre
Autore: AA. VV.
Descrizione fisica: Opuscolo
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - SPI -
Pubblicazione: Rudiano, 2010