LA LISTA UNITARIA E LA PROSPETTIVA STRATEGICA

di Riccardo Terzi

Con una larga maggioranza, l’Assemblea congressuale dei DS ha approvato in via definitiva l’operazione della lista unitaria per le elezioni europee, e in parallelo la stessa decisione è stata assunta dalla Margherita e dallo Sdi. Si è quindi messo in moto un processo politico di tipo nuovo, che può essere ricco di implicazioni e di sviluppi nel prossimo futuro. Sul piano strettamente operativo, l’unica decisione vincolante riguarda la prossima scadenza elettorale, come risulta chiaramente dall’ordine del giorno conclusivo, senza fissare nessun automatismo per gli sviluppi politici successivi.

La lista unitaria, quindi, non è il passaggio obbligato verso la formazione di un nuovo soggetto politico. Sotto questo profilo, non è stata presa nessuna deliberazione impegnativa, e mi sembra questo un atto di saggezza, che consente di tenere distinti il piano della tattica elettorale e quello della prospettiva strategica. Naturalmente questa distinzione è solo relativa e provvisoria, e gran parte della discussione, a partire dalla stessa relazione di Piero Fassino, ha cercato di costruire un collegamento tra i due piani. Ma qui siamo ancora nel campo di valutazioni politiche soggettive, di ipotesi, e spesso solo di suggestioni, che dovranno tutte essere sottoposte a verifica nel prossimo futuro. La discussione politica ha sempre anche il carattere di un’esplorazione aperta dei possibili scenari futuri, e questa discussione è utile proprio in quanto resta aperta, e non si fissa in un percorso prestabilito.

L’Assemblea Nazionale, se la interpretiamo correttamente, senza forzature, si è svolta su questi due piani: un piano decisionale, traguardato alla scadenza delle elezioni europee, e un piano di riflessione di più lungo periodo, che non comporta per ora nessuna decisione vincolante. Il risultato complessivo che ne risulta è quello di una maggiore chiarezza, in quanto si è delimitato il campo delle decisioni che sono alla nostra portata. Nello stesso dispositivo finale è affrontato in modo del tutto lineare, senza possibili ambiguità, il problema della nostra collocazione nel Parlamento europeo, che non potrà differenziarsi da quella degli altri partiti socialisti e socialdemocratici. Viene quindi definito un percorso del tutto trasparente e condivisibile, che risponde positivamente all’iniziativa di Prodi e che ha il suo ancoraggio in un progetto politico per l’Europa sufficientemente chiaro e definito nelle sue linee di fondo.

Il dissenso delle sinistre interne, su questo punto, non mi sembra motivato. Se la minoranza vuole solo ritagliarsi un suo spazio, e marcare in modo pregiudiziale le differenze, senza concorrere costruttivamente al governo unitario delle decisioni politiche, si imbocca una strada poco produttiva, che alla fine è solo la strada di una testimonianza astratta, che rinuncia in partenza ad incidere sui processi reali. Una prova ancora più evidente di questo atteggiamento la si è avuta nelle votazioni sulla situazione irachena, con l’insistenza per un voto differenziato, con la scelta di tenere aperta una divisione pretestuosa sul problema del ritiro immediato del contingente militare italiano, quando è chiaro che questa questione può essere solo affrontata nel quadro di una più larga iniziativa politica e diplomatica nelle sedi dell’Unione europea e dell’Onu.

Quindi, in conclusione, si sono sciolte tutte le ambiguità? Sono venuti meno tutti gli interrogativi di cui questa nostra rivista si è fatta portatrice? Evidentemente no, né ci si poteva aspettare nulla di più da un’Assemblea come quella di Roma, convocata per rispondere a questioni politiche immediate, senza poter predisporre una riflessione strategica di più largo respiro. Le domande strategiche sono ancora tutte aperte e irrisolte. La lista unitaria è solo un passaggio, le cui implicazioni sul futuro sono ancora tutte da determinare.

Non invidio Umberto Ranieri, che ha già, tutte belle confezionate, le sue certezze, e può dire: avanti tutta! Non l’invidio, perché penso che siano ingannevoli le formule troppo semplificate e che sia sempre pericoloso prendere troppo sul serio gli slogan propagandistici che ci fabbrichiamo. La mia opinione è che qualsiasi discussione sul futuro della sinistra e sulle sue possibili forme organizzative richieda pregiudizialmente un’analisi politica e teorica, un discorso sugli obiettivi, sul progetto, sul significato attuale della cultura socialista, e che non possiamo cavarcela con qualche chiacchiera a vuoto sulla casa comune dei riformisti. Insomma, non ha nessun senso partire dallo strumento organizzativo, se non è chiaro il progetto politico. È l’argomento, molto usato e abusato nella nostra discussione, che occorre costruire una grande forza, un perno centrale che dia stabilità alla alleanza di centro-sinistra, entra nel grande catalogo delle cose che dovrebbero essere, ma non sono. Il problema è allora quello di vedere come, con quali passaggi, su quali basi politiche, si può costruire un reale processo di aggregazione.

Io avevo posto, con una certa crudezza, il problema dell’ambiguità, in quanto, allo stato attuale del nostro dibattito, ci troviamo di fronte ad una prospettiva ancora troppo indeterminata, suscettibile di diverse e opposte interpretazioni. L’ambiguità, si dice, è nelle cose, è nel processo reale, di cui non possiamo misurare in partenza tutti i possibili esiti. La politica, è vero, agisce sempre in un quadro di incertezza e di ambiguità. C’è un’ambiguità oggettiva, con la quale dobbiamo necessariamente convivere, e che dipende dall’intreccio imprevedibile delle interrelazioni che si stabiliscono tra i diversi soggetti, ma ciò non giustifica l’ambiguità soggettiva, la mancanza di chiarezza nella definizione dei propri obiettivi. Insomma, non si può solo dire: dobbiamo avere il coraggio del cambiamento. Il coraggio è la capacità di fissare obiettivi precisi e di agire di conseguenza. Sul futuro della sinistra, sulle sue prospettive, quindi, la discussione deve ancora essere più chiaramente impostata, con rigore e senza improvvisazioni. Non possiamo oggi dire un no o un sì, se non è chiaro l’oggetto di cui discutiamo. Dobbiamo quindi darci tutto il tempo necessario, per mettere a punto un progetto politico che sia razionalmente costruito. Il lavoro comincia ora. L’Assemblea congressuale ha chiarito quello che poteva chiarire. Ora, ciascuno dica quello che sa dire, e si impegni in una discussione vera, sulle questioni che sono davvero di fondo.


Numero progressivo: H41
Busta: 8
Estremi cronologici: 2003, dicembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fotocopia pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -
Pubblicazione: “Argomenti umani”, dicembre 2003, pp. 58-60