LA SINISTRA A PARTIRE DA OGGI

La classe operaia da oggetto di commemorazione a soggetto di una nuova iniziativa politica

”Dal sociale al politico”, rubrica di Riccardo Terzi

Nel ventennale dell’“autunno caldo” la classe operaia diviene un oggetto di commemorazione. Con rimpianto, per alcuni, e con feroce soddisfazione per altri. Possiamo citare, come esempio, il bel libro di Marco Revelli, Lavorare in Fiat, una storia operaia vissuta dall’interno, con sofferta partecipazione, e la risposta fascista (come altro chiamarla?) di Felice Mortillaro, che a questi operai nega anche il diritto di essere considerati dei vinti.

Ma sembra essere convinzione comune che si tratta, quale sia il giudizio, di un ciclo storico concluso. Il processo di modernizzazione capitalistica degli anni ‘80 avrebbe definitivamente sovvertito gli equilibri di potere e tolto alla classe operaia ogni possibilità di agire come soggetto politico.

La grande esperienza di lotta iniziata nel ‘68 e nel ‘69 si basava sull’idea di un processo dalla fabbrica allo Stato, dal sociale al politico. La lotta operaia travalicava i confini del sindacalismo tradizionale e si poneva immediatamente come lotta politica, come scontro di potere.

E ora? Questo percorso è divenuto impraticabile. Non è più possibile, nel labirinto della “società complessa”, trovare un filo conduttore che ci consenta di leggere la politica come espressione dei rapporti di classe? È questo l’interrogativo cruciale sospeso su di noi. Se non è più concettualmente possibile elaborare una “politica di classe”, se il politico e il sociale sono ormai scissi, allora in questione non è solo l’identità comunista, è il concetto stesso di “Sinistra” a subire una radicale mutazione.

È in corso un processo corposo di disarticolazione, politica e culturale, del soggetto operaio. Tutta la società italiana rischia così di essere immensamente impoverita, perché vien meno una forza essenziale che è stata protagonista del processo democratico.

La situazione politica attuale è segnata, appunto, dal predominio di un blocco di forze che hanno puntato le loro carte sul dinamismo del mercato, sugli spiriti vitali che accompagnano e sorreggono il processo di modernizzazione, sul nuovo individualismo, sull’esaurimento quindi delle idealità collettive, del tessuto di solidarietà, dei valori rappresentati dal movimento operaio.

Si tratta di un’operazione politica che ha funzionato: ha mutato il clima culturale, ha aperto varchi, contraddizioni, cedimenti, anche all’interno delle organizzazioni tradizionali della sinistra. Al punto che oggi non ha nessun significato concreto l’obiettivo dell’unità della sinistra, se non viene contestualmente chiarito l’orizzonte culturale e il sistema di valori entro il quale tale operazione politica dovrebbe realizzarsi.

Possiamo tentare di leggere con questo metro la discussione politica aperta nel PCI e cercare di capire, al di là delle contrapposizioni di bandiera, se il rinnovamento può essere pensato come riconquista di un radicamento sociale forte, come immersione nel conflitto sociale, per ridare voce al mondo del lavoro, ai soggetti deboli, esclusi. O se invece si tratta solo di una manovra giocata sul terreno “classico” della politica come sfera separata. Falliremmo, tutti, una grande occasione storica, se la discussione politica restasse chiusa entro una logica angusta di schieramento, come vicenda tutta interna agli equilibri del gruppo dirigente. Deve aprirsi una riflessione più larga, che mette in gioco il ruolo del PCI nella dinamica sociale complessiva.

Vorrei cercare di esplorare l’ipotesi di ridefinire, date le caratteristiche nuove e più complesse che assume il conflitto sociale, quel passaggio dalla condizione di lavoro, alla società, allo Stato, che è stato l’elemento di forza del movimento operaio nella sua fase ascendente e la ragione della sua capacità di egemonia

Là dove finisce la storia di una sconfitta, emblematicamente rappresentata dalla vicenda Fiat dell’80 può iniziare la costruzione di una nuova iniziativa di classe. Il che significa misurarsi col nuovo universo tecnologico che ha sovvertito i tradizionali rapporti di lavoro, con la nuova realtà dell’impresa, con le nuove forme di dominio, con la dimensione mondiale dei mercati e delle strategie. A poco serve, allora, la mitologia dell’operaio-massa, l’operaismo come ideologia proiettata verso un passato epico. Serve uno studio accurato del presente, delle condizioni e dei bisogni dei lavoratori di oggi. Quali sono i possibili punti di attacco, le leve di una nuova strategia?

A me sembra che la contraddizione fondamentale stia nel divario tra le immense potenzialità racchiuse nel progresso tecnologico, e che potrebbero essere usate per un obiettivo di liberazione e di umanizzazione del lavoro, e l’uso capitalistico a cui tali potenzialità sono piegate, il contesto gerarchico-autoritario in cui vengono inserite. In questo senso viene dal mondo del lavoro una domanda politica, perché in primo piano sta un’esigenza di liberazione, di rottura delle strutture di dominio, di autonomia e di autogoverno.

È possibile allora avviare una nuova stagione rivendicativa e contrattuale, caratterizzata da nuove priorità: l’accesso alle conoscenze, la valorizzazione del lavoro e della sua autonomia, la possibilità di controllare e di dominare il proprio lavoro, la ridefinizione dei tempi e dei ritmi. Ma a sua volta un nuovo ciclo di lotte sociali può essere aperto solo se c’è un contesto politico adeguato, solo se può inquadrarsi dentro una strategia politica che sia finalizzata, in modo coerente, a un processo generale di democratizzazione della società, di redistribuzione del potere, di controllo sociale. In assenza di una tale cornice politica, la lotta sociale e sindacale finisce per rifluire su un terreno più angusto, corporativo, difensivo. Come, appunto, è avvenuto in questi anni.



Numero progressivo: H124
Busta: 8
Estremi cronologici: 1990, 15 gennaio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Riflessioni politiche - Scritti Sindacali -
Pubblicazione: “Rinascita”, 15 gennaio 1990, p. 25