CARO MACALUSO, PERCHÉ TI SENTI «ONORATO» DI FORMARE UNA CORRENTE?

di Riccardo Terzi

Devo qualche parola di chiarimento a Emanuele Macaluso, che ha voluto cogliere l’occasione di un mio articolo su Rinascita per approfondire la discussione intorno ai nostri rapporti con il PSI. Lo voglio innanzitutto ringraziare per l’attenzione e soprattutto per la correttezza con cui la discussione è stata da lui impostata. E non ho nessuna difficoltà a sottolineare come un fatto positivo i molti punti di convergenza che vengono messi in luce. Non sto cercando in modo capzioso e strumentale ragioni di differenziazione e di polemica, e se da un confronto ragionato nel merito dei problemi politici risulta un arco di convincimenti comuni, tanto meglio per tutti.

Io ho preso le mosse da una discussione, ormai lontana, che si svolse nel partito alla fine degli anni ‘70, e mi sono permesso di rivendicare con un po’ di testardaggine, una coerenza personale. Ricordo che Macaluso fu uno dei pochi, allora, che si dimostrò interessato a discutere delle posizioni politiche che venivo esponendo, a differenza di tanti altri «riformisti» che vedevano l’alternativa come il fumo negli occhi. Storie passate, certamente. Ma proprio in quegli anni, dopo il congresso di Torino del PSI, quando la nuova dirigenza craxiana era ancora agli inizi e non aveva ancora compiuto una scelta definitiva di strategia, le condizioni per una politica di alternativa erano le più favorevoli.

Che oggi il quadro è mutato è del tutto evidente. Per errori nostri anche. Su questo punto non condivido l’analisi politica di Macaluso, che mi sembra rovesciare la realtà dei fatti e avvertire oggi una crisi strategica della politica di Craxi, che esiste si potenzialmente, ma non ha ancora determinato nessuna rottura del patto di potere che lega il PSI al doroteismo democristiano. Ed è evidente il tentativo del PSI di utilizzare la crisi internazionale del movimento comunista per impostare i rapporti con il nostro partito nel senso di una propria egemonia politica e culturale, fino al punto di togliere preventivamente qualsiasi legittimità ad una nostra ricerca autonoma.

E allora deve essere chiaro che la prima essenziale condizione per la ripresa di un dialogo unitario è il ripristino di condizioni politiche di reciproca autonomia e di reciproco rispetto. Non è scontato e non è dato per acquisito che davvero tutti si sia d’accordo di rispondere in questo modo all’offensiva dell’«unità socialista» Tanto è vero che qualcuno si è affrettato ad applaudire il discorso di Craxi a Brescia Qualche sprovveduto? Bene, lo si dica, dando battaglia contro posizioni di subalternità che più volte si manifestano e che introducono nel nostro dibattito un clima di diffidenza.

Io prendo atto che Macaluso dice cose diverse e che in modo molto netto esclude una prospettiva di unificazione, considerandola senza mezzi termini, come un errore politico da respingere. Il problema è quello di dar vita ad «una formazione del tutto autonoma dal PSI, ma non contrapposta ad essa anche se in forte competizione sugli indirizzi e i traguardi da assegnare alla sinistra». Sono pienamente d’accordo.

Quanto infine agli indirizzi culturali e ideali del nuovo partito, è evidente che il riferimento alla tradizione socialista è un elemento essenziale, un dato costitutivo della nostra storia. Ma mi sembra altrettanto evidente che per essere davvero all’altezza dei problemi di questo passaggio d’epoca non possiamo vivere con la rendita delle tradizioni pur nobili del pensiero socialista, ma dobbiamo essere impegnati in uno straordinario sforzo di innovazione del pensiero politico.

In questo senso il riformismo non può essere un approdo, come se si trattasse semplicemente d’attingere ad una elaborazione già compiuta e pienamente adeguata, ma è solo un punto d’avvio, una indicazione, di metodo a partire della quale dovremo mettere a punto un programma politico capace davvero di incidere nelle contraddizioni del nostro tempo. Forse siamo d’accordo anche su questo. Ma allora perché il compagno Macaluso «si onora» di far parte della corrente riformista e rivendica l’autonomia di quest’area del partito? Da dove viene la necessità di un’organizzazione separata? Se non si tratta solo di un’operazione di cucina interna, vanno rese esplicite le ragioni politiche.

E comunque questo fatto, l’esistenza cioè di una corrente organizzata, che sta nella maggioranza ma non si identifica con la maggioranza, che agisce con proprie logiche e con una propria solidarietà interna, non è l’ultima ragione delle tensioni che si sono prodotte nella vita interna del partito. Io comunque sarò l’ultimo a rilasciare patenti e a considerarmi l’interprete di un ortodossia di partito. Vorrei solo una discussione chiara, senza logiche di gruppo, senza schieramenti precostituiti.



Numero progressivo: H76
Busta: 8
Estremi cronologici: 1990, 7 novembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - Riflessioni politiche -
Pubblicazione: “L’Unità”, 7 novembre 1990