«LA RIFORMA DEL SALARIO COMINCIA IN LOMBARDIA»

A colloquio con Riccardo Terzi, comunista, segretario regionale della CGIL

di Andrea Marini

«Non basta avviare la trattativa a livello nazionale, per ottenere l’accordo servono sperimentazioni a livello locale». I tecnici e i quadri, vecchio «pallino». «La linea egualitaria non ha più senso.»

«Ci attendono due mesi di lavoro intenso per definire le piattaforme aziendali. Poi, a settembre, la mobilitazione per ottenere dei risultati tangibili. Non basta iniziare la trattativa a livello nazionale sulla riforma del salario. Non basta aspettare un nuovo accordo al vertice. Anzi, per ottenere quell’accordo, servono sperimentazioni a livello locale. E chi meglio di Milano e della Lombardia può offrire soluzioni alternative?»

Riccardo Terzi, ex segretario della federazione comunista di Milano, da pochi mesi segretario regionale della CGIL, è al lavoro con i dirigenti delle singole categorie (dell’industria soprattutto) e con i colleghi di CISL e UIL. «Mi auguro che si possa al più presto arrivare a qualcosa di concreto – aggiunge – perché con la linea puramente difensiva di “la scala mobile non si tocca” non si può andare avanti. Se invece dovesse prevalere la linea di chi ritiene che la lotta al decreto governativo sia l’ultima trincea per il sindacato…»

 

Terzi dunque ha archiviato, almeno per ora, le divisioni sul decreto Craxi contro l’inflazione, e punta su tre aspetti sindacali che ritiene fondamentali: 1) occupazione e orario di lavoro; 2) inquadramento che soddisfi le nuove professionalità; 3) il controllo dei processi di ristrutturazione.

 

Ma vediamo le singole fasi delle vertenze che stanno per partire. Non si tratta certo di piattaforme aziendali puramente salariali anche se i soldi sono pur sempre un problema scottante. «La linea della riduzione generalizzata dell’orario non funziona e lo hanno dimostrato i contratti – spiega Riccardo Terzi -. Ci vuole un’articolazione che tenga nel debito conto l’efficienza delle singole imprese. Si possono applicare i contratti di solidarietà dove c’è la crisi, si possono avviare sperimentazioni o applicazioni del part- time laddove le aziende tengono. Dove la crisi è grave la gente accetta la riduzione dell’orario e dunque del salario. Dove ci sono risorse la tendenza spontanea è quella di chiedere aumenti salariali. In nessun caso, comunque, si deve puntare alla riduzione definitiva del salario. Anche dove si fanno i contratti di solidarietà bisogna considerarli transitori. Certo è meglio trovare queste soluzioni che utilizzare come si fa oggi la cassa integrazione.»

 

Il secondo punto è quello dell’inquadramento unico. I tecnici e i quadri sono un vecchio pallino di Terzi. Alla CGIL, come in CISL e UIL, ritengono superato l’attuale inquadramento. C’è un appiattimento delle politiche contrattuali e gli imprenditori regolano da soli gli aumenti per la professionalità. C’è dunque una massa salariale crescente che non viene contrattata. Terzi punta a soluzioni elastiche in attesa di una riforma nazionale. Come del resto stanno già facendo i chimici ma anche il terziario e i centri direzionali. D’altronde il problema è sempre più esteso: tecnici e impiegati rappresentano ormai più della metà del personale di tantissime aziende. «La linea salarialistica ed egualitaria non ha più senso. Intendiamo elaborare una strategia – continua Terzi – collaborando con le associazioni di quadri che non riteniamo votate alla creazione di un sindacato autonomo. Esporremo loro tra breve le nostre proposte e sentiremo le loro critiche. No, per ora almeno non temiamo che gran parte dei tecnici lascino i confederali per le associazioni quadri. Certo, se non sapremo accogliere le loro istanze li perderemo dando così spazio a tendenze corporative indubbiamente negative.»

Il terzo punto è quello delle tecnologie e del contributo sindacale alla gestione dei processi di innovazione e di ristrutturazione. Terzi non crede nel delegato-ingegnere. Pensa piuttosto che negli organismi sindacali debbano entrare tutti: dall’ultimo livello operaio all’ingegnere. Ma soprattutto è il sindacato come struttura che deve poter aiutare le sue rappresentanze di fabbrica o di ufficio. Oggi un aiuto adeguato non può venire. Dunque qualcosa va cambiato. Supertecnici al posto degli attuali funzionari? Non è questo punto, ma un cambiamento è sicuramente necessario anche a breve scadenza.



Numero progressivo: B81
Busta: 2
Estremi cronologici: [1990]
Autore: Andrea Marini
Descrizione fisica: Fotocopia pagina quotidiano
Tipo: Relativi a Terzi
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Il Giorno”