REGIONI E FEDERALISMO. SE PASSA LA RIVINCITA DEL POTERE CENTRISTA
di Riccardo Terzi
Nella prospettiva, ormai non lontana, delle prossime elezioni regionali, la situazione è ancora di totale indeterminatezza, e si fa via via più concreto il rischio di giungere a questo appuntamento senza avere risolto nessuno ei nodi che sono aperti. Le Regioni dovranno essere la struttura portante di un nuovo ordinamento di tipo federalista, ma finora non c’è stato nessun concreto avanzamento di tale processo, e i contrasti politici rischiano di impedire l’approvazione di una nuova legge elettorale. Se non si interviene subito, questo può essere lo scenario, e ciò significherebbe lasciar marcire l’esperienza regionalista, e significherebbe nei fatti una brutale rivincita del potere centrale.
La mia impressione è che la pratica di governo dell’attuale maggioranza si muova esattamente nel senso del centralismo e della concentrazione dei poteri. La Lega strilla e fa proclami, e agita la bandiera del federalismo ma in realtà ha già accumulato una serie impressionante di sconfitte. Il federalismo è infatti un’idea democratica di divisione dei poteri e di valorizzazione delle autonomie, ed è evidente come il governo pretenda di essere l’unico ed esclusivo centro di regolazione della vita pubblica portando un attacco sistematico a tutti i centri di autonomia. Berlusconi esprime, talora anche in forme grottesche, questa idea aziendale della politica, secondo la quale il governo non è una delle articolazioni dello Stato democratico, ma è la sede del comando.
Siamo quindi in un passaggio estremamente critico, perché è in gioco il senso del cambiamento, se si tratta cioè di costruire un sistema più forte e articolato di garanzie democratiche, o se all’opposto si tratta di affidare la totalità del potere di comando ad un leader plebiscitario. Le prospettive del federalismo dipendono da questo contesto politico più ampio, dal tipo di architettura istituzionale che si intende realizzare. Le Regioni potranno allora essere un momento reale di autogoverno, oppure, se va avanti il disegno autoritario della destra, avranno solo un potere effimero ed apparente. Alla maggioranza di governo, nella complessa discussione che c’è stata sulla modifica dell’art. 122 della Costituzione, il quale tratta del sistema elettorale e della forma di governo delle Regioni, interessava solo l’adozione del modello presidenzialista, e si è tentata in questo senso una forzatura, per strappare comunque un risultato immediato. Ne era scaturito un vero pasticcio istituzionale, perché l’elezione diretta del presidente della Regione veniva introdotta come “norma transitoria”, obbligatoria solo per le prossime elezioni. Insomma, si è tentato un colpo di mano, ed è sicuramente un bene che questo tentativo sia fallito. Il passaggio ad un sistema federalista richiede certamente un’operazione complessa di revisione costituzionale, ed è necessario per questo mettere a punto un progetto d’insieme. Non si può cambiare la Costituzione a spizzichi, perché si tratta di un organismo che ha e deve avere una sua coerenza d’insieme. Sulle prospettive di riforma della Costituzione dobbiamo darci il tempo per una discussione approfondita. Il ministro Speroni ha dato incarico ad un gruppo di esperti di elaborare delle proposte. Sarebbe bene che fosse data pubblicità ai lavori di questa commissione. E sarebbe forse opportuno che anche i gruppi dell’opposizione avviassero, in parallelo, e con la medesima trasparenza, un analogo lavoro di elaborazione, per mettere in campo eventuali ipotesi alternative. Si apre quindi un terreno di ricerca che deve coinvolgere l’insieme delle forze parlamentari, avendo chiaro che la definizione delle nuove regole non può essere un affare della sola maggioranza. E anche le forze rappresentative della società civile possono e devono dare un loro specifico contributo.
Mentre procede questo lavoro, c’è l’urgenza di una nuova legge elettorale, a Costituzione vigente che superi l’attuale sistema proporzionale e che sia già efficace per le prossime elezioni di primavera. Si approvi dunque, subito, una legge elettorale, trovando l’equilibrio necessario tra le esigenze di stabilità dei governi e di rappresentanza del pluralismo politico, e consentendo ai cittadini di scegliere tra opzioni politiche chiare, nelle quali siano contestualmente resi espliciti il programma, la coalizione e il candidato alla guida della Regione. Sono già state presentate diverse proposte: si tratta ora di decidere con equilibrio, ricercando la convergenza più larga possibile nella sede parlamentare. C’è poi il nodo dell’elezione diretta del presidente della Regione. Ciò richiede, a differenza di quanto è avvenuto per i Comuni e per le Provincie, una riforma costituzionale, e questo problema va quindi affrontato nel quadro di una discussione d’insieme sui nuovi assetti istituzionali.
In un impianto costituzionale nuovo, di tipo federalista, credo che possa utilmente essere prevista l’elezione diretta del presidente della Regione, per favorire la formazione nelle diverse realtà territoriali di élites politiche forti e rappresentative. Vi sono, in proposito, due obiezioni a cui è necessario rispondere. La prima obiezione viene da chi teme che, dopo i Comuni e dopo le Regioni, divenga uno sbocco inevitabile l’adozione di un sistema presidenzialista a livello nazionale. Per rispondere a questa preoccupazione occorre conoscere il quadro d’insieme e capire in quale contesto politico istituzionale si colloca il nuovo ruolo delle Regioni. La strada del presidenzialismo non è né necessaria né auspicabile, e occorre comunque un quadro di grande chiarezza circa i rapporti tra lo Stato centrale e i poteri decentrati. La seconda obiezione riguarda i rischi della “telecrazia” e dell’estrema personalizzazione della vita politica. È un tema assai serio, ma esso non riguarda più solo e precipuamente il sistema di elezione, ma riguarda i tratti generali della nostra vita collettiva. Come Berlusconi insegna, si può avere la degenerazione telecratica anche in assenza di un sistema presidenzialista. Come si sono fissate, saggiamente, norme di incompatibilità per la magistratura, analoghe misure possono essere sancite per chi controlla l’informazione, stampata e televisiva.
Busta: 3
Estremi cronologici: 1994, 22 ottobre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CRS -
Pubblicazione: “L’Unità”, 22 ottobre 1994