UN’AZIONE INCISIVA DEI PARTITI DI FRONTE AI PROBLEMI DI MILANO

Per uscire da una discussione viziata da forzature propagandistiche

di Riccardo Terzi

La ripresa dell’attività politica dopo la breve pausa estiva, appare caratterizzata anzitutto dalla riflessione in corso nei vari partiti, sul significato e sulle conseguenze dell’accordo programmatico nazionale. Su questo tema, e particolarmente sul rapporto tra realtà milanese e realtà nazionale, vi sono già state numerose dichiarazioni di esponenti politici, e si viene annunciando un dibattito più approfondito che consentirà di meglio precisare le scelte dei singoli partiti. Mi pare di avvertire, dalle cose che fin qui si sono dette, il rischio di una discussione piuttosto astratta e accademica, nella quale l’attenzione per i problemi reali viene soppiantata dalla definizione aprioristica del “quadro politico”. Molti si sono affrettati a dichiarare che l’accordo nazionale non può essere generalizzato, che la realtà politica milanese non può essere meccanicamente assimilata agli sviluppi di carattere nazionale, in quanto ha una sua autonomia, una sua specificità.

Si tratta di affermazioni ovvie, scontate, almeno per noi. La logica della omogeneità delle realità locali col quadro politico nazionale non ha mai potuto essere realizzata nel nostro Paese, nonostante i tentativi affannosi che in questo senso erano stati compiuti negli anni del centrismo e del centro-sinistra.

 

Emergenza

Ma ora abbiamo una curiosa inversione di rotta. Non essendo più possibile fare appello alla coerenza e all’autosufficienza di una maggioranza di governo nettamente delimitata a sinistra, si manifesta all’improvviso nei più accesi conservatori una sensibilità morbosa per l’autonomia e per il pluralismo.

Il “senso dello Stato” andava bene fino a quando esso si basava sulle regole dell’anticomunismo, ma ora è necessaria una tattica nuova e aggiornata. Se non è stato possibile evitare, a livello nazionale, un rapporto e un accordo con il Partito comunista, occorre in ogni modo evitare che questo si verifichi nella realtà complessiva del Paese, occorre costruire un sistema di dighe e di barriere più articolato, più diffuso. Si tratta, come è evidente, di una posizione politica che ha una sua coerenza, e che occorre vedere nella sua sostanza, politica e di classe, senza farsi catturare da una disputa astratta intorno al concetto del pluralismo.

Si giunge fino al ridicolo di evocare la prospettiva minacciosa di un “regime” uniforme, nel quale sarà definitivamente schiacciata l’autonomia e la libertà di movimento delle diverse forze politiche. È questa una forzatura propagandistica, ma anche nella propaganda sarebbe bene avere un minimo di rispetto per i fatti.

In realtà, se vi è un tratto distintivo della situazione politica attuale, esso è appunto nel fatto che i rapporti politici sono estremamente aperti e fluidi, che lo stesso governo non è l’espressione di una maggioranza delimitata, che nelle Regioni e negli Enti locali vi è una grande ricchezza e varietà di esperienze politiche fra loro molto differenti. Occorre dunque respingere con molta fermezza questa campagna propagandistica, falsa e strumentale, che cerca di presentare un’immagine deformata della nostra politica.

Ribadiamo ancora una volta quanto abbiamo detto ripetutamente, senza possibili ambiguità, e che abbiamo espresso con chiarezza anche nella occasione del nostro congresso provinciale. Nel momento stesso in cui abbiamo indicato come obiettivo politico fondamentale quello di dar vita ad una nuova maggioranza di governo, basata su un’ampia intesa tra le forze democratiche, abbiamo precisato che tale esigenza nasce dal carattere di emergenza della situazione, e che «sarebbe errato considerare questa soluzione come l’unica valida in linea di principio, e che tutto il sistema democratico, ai vari livelli, si debba uniformare sulla base di un’intesa generalizzata fra tutto le forze democratiche».

D’altra parte, anche gli sprovveduti possono capire che, in presenza di un governo monocolore democristiano, l’idea di una omogeneizzazione su tutto il territorio nazionale non si pone neppure in via ipotetica.

Sgomberato il campo da questi falsi problemi, il discorso sull’accordo programmatico e sull’incidenza che esso deve avere nella nostra realtà milanese non può essere eluso, ed è effettivamente un tema di grande rilievo.

L’accordo nazionale ci interessa, per i suoi contenuti, per gli obiettivi che propone. Il suo valore sta appunto nel fatto che, pur lasciando irrisolto la “questione politica”, individua il terreno di un’azione comune, di un impegno concorde dei partiti intorno ad alcune questioni essenziali. Nella vita democratica di un Paese ci possono essere momenti in cui l’equilibrio politico appare quanto mai instabile e precario. Questi momenti di instabilità e di crisi possono essere superati se si riesce a ritrovare la base di una comune solidarietà democratica nella competizione tra i partiti, se la lotta politica viene condotta in modo da assicurare il funzionamento delle istituzioni e lo sviluppo della vita civile.

Per questo giudichiamo gravi e irresponsabili quelle posizioni che prescindono dalla situazione generale del Paese, e che puntano tutte le loro carte su una esasperazione dello scontro politico. Mi sembra che intorno a questo intreccio di problemi si stia aprendo un confronto e un dibattito nella DC milanese. È possibile, infatti, per la Democrazia cristiana, una strategia politica basata soltanto sull’obiettivo della rivincita elettorale, sulla strumentalizzazione spregiudicata di tutti gli elementi di tensione? Una linea politica di questo tipo finisce per offuscare la stessa immagine della DC come partito di governo ed entra in conflitto con gli interessi sociali che essa rappresenta, che hanno ben poco da guadagnare da una situazione di ingovernabilità e di acutizzazione delle tensioni.

Il problema che si pone dunque a Milano non è quello di inventare nuove formule, di inseguire il miraggio di una concordia universale, di attardare l’azione dei partiti in infinite e inconcludenti discussioni sul quadro politico, ma di far valere, nella distinzione dei ruoli e della responsabilità, l’esigenza di un’azione incisiva e positiva per far fronte alle grandi questioni, a cui hanno lavorato con senso di responsabilità tutte le forze politiche democratiche a livello nazionale. I problemi dell’economia, dell’ordine pubblico, della riforma dello Stato non possono certo essere affidati soltanto alla stesura di buone leggi, ma richiedono in tutta la realtà del Paese una tensione unitaria, un impegno, un lavoro. Altrimenti, l’accordo nazionale sarà inefficace e impotente.

Il pericolo che noi denunciamo è appunto quello di un “provincialismo” delle forze politiche milanesi, che nei fatti diviene un’azione contro gli obiettivi del programma di governo. Se così non è, come ci auguriamo, allora si deve cominciare una discussione nel merito delle questioni, lasciando da parte i particolarismi di partito e abbandonando una buona volta l’abitudine di ragionare solo secondo il metro della propaganda.

 

Responsabilità

D’altra parte, un partito politico può seriamente pensare di assicurarsi un proprio spazio nella realtà effettiva del Paese solo ripetendo qualche banalità sul “compromesso storico”, sulla vocazione egemonica dei comunisti, o sull’ambiguità permanente del nostro internazionalismo? L’ampiezza del consenso non dipende da queste cose, ma dal contributo che ciascuno saprà dare nei fatti al superamento della crisi e al progresso della società italiana.

L’iniziativa delle forze politiche nelle prossime settimane e nei prossimi mesi è particolarmente importante, e noi faremo oggi sforzo per rendere possibile un confronto serio e per verificare tutte le possibilità di intesa e di convergenza.

Abbiamo ai Milano e nella provincia delle responsabilità di governo, che porteremo avanti con coerenza, in un rapporto di leale collaborazione con i compagni socialisti e con le altre componenti della maggioranza, e sollecitando l’apporto costruttivo di tutte le forze politiche. L’indicazione di lavoro che noi diamo a tutto il partito, alle sue organizzazioni è quella di un lavoro tenace sui problemi vitali che interessano l’area milanese, la classe operaia, gli strati fondamentali del popolo. Ciò che occorre è un grande collegamento con la realtà, un lavoro che sia il frutto della conoscenza puntuale dei problemi reali e del legame quotidiano con le masse.

Su questo terreno vogliamo lavorare con slancio e con spirito unitario, su questo terreno vogliamo verificare la volontà e l’impegno delle altre forze politiche.


Numero progressivo: G31
Busta: 7
Estremi cronologici: 1977, 4 settembre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “L’Unità”, 4 settembre 1977