VOTO POLITICO E RAPPRESENTANZA SOCIALE

di Riccardo Terzi – Responsabile riforme istituzionali della CGIL

Il cambiamento politico e i processi sociali presentano tra di loro relazioni complesse, non univoche, spesso contraddittorie.

Nel momento stesso in cui la destra politica conquista per la prima volta in Italia estese basi di massa, e diviene forza egemone nel Nord del paese, nelle regioni più sviluppate e più industrializzate, assistiamo contemporaneamente al dispiegarsi di un movimento di lotta di forza straordinaria contro la politica economica e sociale della destra, e l’epicentro di questo movimento è proprio in quelle stesse regioni del Nord che nelle elezioni di marzo avevano votato massicciamente, lavoratori dipendenti compresi, per il blocco elettorale delle destre. A seconda del punto di osservazione registriamo quindi un inquietante slittamento della coscienza di massa verso le ideologie e i miti del liberismo individualista e della società competitiva o, viceversa, vediamo in essere una fortissima reazione a tali ideologie e la riaffermazione dei princìpi di solidarietà sociale e di eguaglianza dei diritti.

Quale di questi opposti punti di osservazione coglie davvero la sostanza del processo storico in corso?

A una domanda così formulata non si può rispondere, perché i due fenomeni coesistono, e tutta la situazione è segnata da una fondamentale ambivalenza.

I nostri giudizi debbono essere cauti e non conclusivi, anche perché siamo tuttora nel mezzo di una transizione estremamente fluida. La stessa vittoria politica della destra non è l’espressione di un nuovo blocco sociale consolidato, ma è la risultante di un insieme complesso di concause, e le prospettive future dipenderanno dalle strategie dei diversi soggetti politici, dai sistemi di alleanza, dalle leadership, dall’efficacia delle tecniche di comunicazione.

Siamo entrati in un mercato politico aperto, dotato di un grado particolarmente elevato di mobilità, e ciò può dar luogo, come è effettivamente accaduto negli ultimi anni, a mutamenti bruschi e a svolte in diverse direzioni.

La contraddizione non è solo tra la dinamica sociale e quella politica, ma si verifica anche all’interno della sfera politica, come dimostra la diversa tendenza che si è registrata nelle elezioni comunali, sia prima che dopo le elezioni di marzo.

La ragione di fondo di questo complesso di fenomeni sta nel fatto che sono venuti meno gli elementi di appartenenza e di coesione ideologica, è venuto meno quel quadro storico fatto di grandi aggregazioni collettive, nel quale prevalevano comportamenti compatti, coerenti e quindi prevedibili.

Ora, la società è composta da cittadini senza fede, senza appartenenze, senza vincoli che scelgono di volta in volta, e la scelta dipende dalla concretezza della situazione, dalla domanda specifica cui si tratta di rispondere e dalla qualità delle proposte che stanno sul mercato.

Si può quindi passare, senza avvertire nessuna contraddizione interna, da un’opzione di voto ad un’altra di segno diverso. E quando si tratta delle rappresentanze sindacali, è assai significativo che la grande maggioranza dei lavoratori partecipi al voto e stabilisca un rinnovato rapporto di fiducia con le grandi confederazioni nazionali.

È un dato importante perché dimostra l’esistenza di un tessuto sociale che non è stato sconvolto e di un bisogno permanente di azione e di tutela collettiva. Occorre però capire che anche questo rapporto di fiducia non è dato a priori ed è sempre revocabile. Pertanto il futuro del sindacato non è garantito dalla sua storia ma è affidato esclusivamente alle scelte e ai comportamenti concreti in rapporto alle esigenze reali dei lavoratori.

È in questa situazione fluida e aperta che occorre, d’ora in avanti, saper navigare. Il passato non ritorna, non ritornano le antiche certezze e le fedeltà ideologiche. Si tratta allora, per i diversi soggetti, di perfezionare le proprie capacità di risposta alle domande reali su ciascuno dei diversi terreni e si tratta di entrare in comunicazione con questo universo sociale inquieto e disincantato. Questo processo non è in sé negativo, anche se apre molti interrogativi e richiede nuovi approcci, nuovi stili di lavoro. La competizione diviene più aperta, mai scontata nei suoi esiti e il consenso va ogni volta conquistato con una continua capacità di interpretazione del reale e di conseguente innovazione della proposta programmatica.

Di fronte ai rischi di questa navigazione incerta, torna ad affiorare l’idea illusoria di un nuovo universo compatto, di una nuova saldatura organica tra il sociale e il politico.

Ci si illude cioè di poter rimettere ordine in questa situazione contraddittoria con una proposta politica laburista, con un nuovo patto di collateralismo tra il sindacato e la sinistra politica. In questa direzione si muovono diversi progetti, ancora confusi, e destinati a restare tali, perché essi non sanno prendere atto delle rotture storiche che sono avvenute e credono di poter imboccare una qualche scorciatoia che sia capace di restituire significato ai vecchi simboli della politica.

Si tratta di un errore, improduttivo su entrambi i fronti, su quello della rappresentanza politica come su quello dell’organizzazione sociale.

Infatti, la sinistra è più debole se è di classe e il sindacato è più debole se è di partito. La sinistra deve parlare a un universo sociale estremamente composito nel quale emerge un nuovo protagonismo dei ceti intermedi e del lavoro autonomo, e il sindacato deve dimostrare che le sue strategie non sono viziate da calcoli o da opportunità politiche, che esso non è il braccio armato di un partito o di uno schieramento, ma è lo strumento democratico attraverso il quale si realizza senza condizionamenti il bisogno di tutela collettiva dei lavoratori, del tutto indipendentemente dalle loro convinzioni politiche.

È necessaria dunque una scelta radicale di autonomia, rompendo in modo definitivo con ogni logica di collateralismo. Ne consegue come assolutamente necessaria e indifferibile la costruzione dell’unità sindacale, proprio perché le divisioni che si sono storicamente prodotte avevano essenzialmente ragioni politiche, e queste ragioni non hanno più nessun visibile significato sindacale. La transizione politica che è in corso, che scompone e ricompone i vecchi soggetti della politica, offre al sindacato una grande occasione per affermare in modo pieno la sua indipendenza. Rischieremmo altrimenti di essere collaterali ai fantasmi, di ragionare ancora all’interno di un mondo politico che non c’è più.

Questa scelta di autonomia non è indifferenza per la politica, ma è la convinzione che il sindacato pesi politicamente solo per gli obiettivi e per i valori che mette in campo, pesi in quanto riesce a modificare, con la sua azione, l’agenda della discussione politica. È quanto accade ora con il movimento di lotta sulle pensioni e sullo stato sociale. L’unità sindacale sicuramente moltiplica questa capacità di intervento, e inoltre rappresenta per se stessa un potente fattore di coesione che può avere ripercussioni politiche rilevantissime. La via da imboccare, quindi, è una via opposta a quella del corporativismo, nella quale vi sono solo interessi singoli, che si fanno valere come tali. Il corporativismo è la faccia sindacale di una politica di destra, in quanto rinuncia a qualsiasi progetto e prende semplicemente atto della realtà così com’è, dei rapporti di forza e di potere così come sono.

Un nuovo sindacalismo confederale, all’opposto, si rivolge al lavoratore nella sua dimensione sociale complessiva, non solo in quanto lavoratore, ma in quanto cittadino, in quanto portatore di bisogni sociali complessi. Si spiega anche così il successo della lotta contro la finanziaria, perché sono in gioco le aspettative di vita dei lavoratori, ed è in gioco il modello di organizzazione sociale. Sono due, in questa fase, i punti fondamentali del conflitto, e ciò riguarda l’azione sociale come quella politica. Il primo si riferisce all’opposizione di competitività totale e di solidarietà. La competizione va regolata, e la competitività sul mercato non può essere l’unico criterio di valutazione, perché altrimenti è la società stessa che si disgrega in quanto non dispone più di valori condivisi, di regole, di princìpi etici. La destra oggi è essenzialmente questa spinta alla competizione senza regole, e la sua forza motrice è appunto in un ceto imprenditoriale e professionale tutto proiettato al successo individuale. La destra è la concezione della politica come forza, come successo, nell’indifferenza per le considerazioni etiche e di giustizia.

Il secondo terreno di scontro è nell’opposizione tra concentrazione e divisione del potere. Da un lato sta una spinta verso una pratica totalitaria, che annulla tutti gli spazi di autonomia, dall’altro c’è all’opposto l’idea di uno stato di diritto, che riconosce ambiti di sovranità distinti e autonomi, e in questo contesto si colloca anche l’idea della riforma federalista dello Stato, che valorizza i momenti di autogoverno sul territorio. A partire da questi due fondamentali terreni di scontro, va ricostruita una rappresentanza politica della sinistra. Mentre la destra ha saputo innovare le proprie forme di rappresentanza e ha saputo collegarsi con le aspirazioni e con la volontà di successo di una nuova oligarchia sociale, la cultura della sinistra e i suoi strumenti di organizzazione hanno bisogno di una operazione più complessa di ridefinizione.

In questa azione di rielaborazione politica, non c’è dubbio che si pone anche, e in modo centrale, il problema del mondo del lavoro e della sua visibilità politica. Ma, ripeto, un tale problema non si risolve con il collateralismo tra partiti e sindacati, ma con un progetto culturale e politico che sappia entrare in comunicazione con le forze del lavoro, con quelle tradizionali come con i soggetti nuovi, con il lavoro dipendente come con la complessa galassia del lavoro autonomo. Sta alla sinistra rendere visibile ciò che vuole rappresentare e rendere trasparente il proprio programma riformatore.


Numero progressivo: C49
Busta: 3
Estremi cronologici: 1995, febbraio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista e stampa da file PC
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Sindacali - CRS -
Note: Con bozza
Pubblicazione: “Idee”, n. 2, febbraio 1995, pp. 3-4